Periscopio
L’Iran sdoganato

lucreziTra tutti i numerosi commenti volti a giustificare la scelta dell’accordo sul nucleare iraniano, uno dei più ricorrenti è quello secondo cui un Iran ‘sdoganato’ e riammesso nella comunità delle nazioni potrà riprendere a fare valere il suo peso politico nell’area e nel mondo, esercitando un’azione stabilizzatrice e fungendo da utile contrappeso, per esempio, contro l’espansione dell’Isis.
Ora, che l’Iran, in futuro, avrà più potere, più soldi, più prestigio e più libertà di movimento, in Medio Oriente e in tutto il mondo, è assolutamente certo, come è assolutamente certo che questo nuovo peso sarà fatto valere, e cambierà profondamente gli equilibri internazionali. Ma che tipo di influenza sarà? In che direzione, verso quali obiettivi tattici e strategici sarà indirizzata questa influenza? Si tratta, forse, di una domanda superflua? Sarebbe bello leggere, sia pure tra le righe, attraverso oblique o indirette allusioni, qualche minimo accenno, nelle parole degli ayatollah, da cui poter desumere che il ‘nuovo’ Iran sarà domani, o dopodomani, chi sa, forse, eventualmente, un minimo più pragmatico, più realista, meno violento e aggressivo. Nessuno spererebbe, ovviamente, una qualche promessa ufficiale di rinuncia al terrorismo, ai proclami di distruzione ecc., ma almeno qualche accenno a un possibile, eventuale, futuribile mutamento, dal quale si potrebbe almeno fantasticare su un Paese interessato, almeno un pochino, a progetti pacifici (scuola, sanità, sport, comunicazione ecc.), anziché ai soliti manifesti di odio e morte. Ma invece niente, quello che si legge oggi è lo stesso che si leggeva ieri, e che, secondo ogni ragionevole previsione, si leggerà domani: i concorsi sulle migliori barzellette sull’Olocausto, le impiccagioni in piazza degli omosessuali, il dovere religioso dell’eliminazione dell’entità sionista, il sostegno attivo a gruppi eversivi in tutto il mondo, senza alcun risparmio di risorse o preclusione di mezzi. È questo l’Iran che eserciterà la sua influenza, non l’Iran ‘moderato’ e ‘responsabile’ a cui alcuni fingono di credere, per potere tornare a fare soldi con la teocrazia (a proposito, già annunciata una visita ufficiale a Teheran dei nostri ministri degli Esteri e dello Sviluppo Economico, con un gruppo scelto di investitori, per il 4 e 5 agosto: che tempismo!).
Quanto al fatto che Teheran sia nemico dell’Isis, è senz’altro vero. Un’inimicizia evidentemente da collegare a rivalità politica e alla secolare contrapposizione tra sciiti e sunniti, resa più aspra e violenta in ragione degli ‘opposti estremismi’. Neanche il più ingenuo dei bambini potrebbe credere alla favola che la contrapposizione tra questi due campioni sia minimamente fondata su una disapprovazione politica o morale, da parte di uno dei due contendenti, verso le brutali pratiche eseguite dall’altro, e riprese nei video mandati in giro per il mondo, per spaventare la gente. Ci sono dei cani rabbiosi che mordono e abbaiano, e degli scorpioni che potenziano le scorte di veleno, magari facendo meno rumore. Qualcuno si immagina forse qualche ayatollah, di fronte alla televisione, turbato dagli sgozzamenti o dai roghi, che salta sulla sedia e dice: “Questo è troppo! Uniamoci alla lotta del mondo civile contro questi barbari!”. È bello credere alle favole, quando non si rischia la propria pelle. È bello credere che il lupo di Gubbio si è ammansito, purché siano altri ad andare a verificarlo.
Anche a volere accettare la cinica logica dell’utilizzazione strumentale di un nemico per combatterne un altro, ancora più pericoloso, un calcolo della vera pericolosità dei due soggetti in campo avrebbe dovuto magari suggerire di utilizzare l’Isis contro l’Iran, anziché il contrario.
Ma tant’è. È andata così. Qualcuno ha detto che Netanyahu non è riuscito a bloccare l’accordo. Può darsi, a me pare difficile che qualcun altro, al posto suo, potesse riuscirci, ma chi può sapere. Ma il premier va ringraziato, comunque, per avere fatto sentire almeno una voce fori dal coro: un coro mondiale di cinismo, indifferenza, irresponsabilità.

Francesco Lucrezi, storico

(29 luglio 2015)