J-Ciak: Israele a Locarno, alta tensione
La polemica sul cinema d’Israele travolge anche Locarno. Vero paradiso del cinema d’autore, il festival ha sempre coccolato i filmaker israeliani. La scorsa estate Eran Riklis con il suo “Arabi danzanti” è stato accolto da applausi a scena aperta. Nadav Lapid, che quest’anno torna con “Lama?” e “Kindergarten Teacher”, fin dagli esordi è uno dei beniamini. Mentre Avishai Sivan, quest’anno in concorso con il suo meraviglioso “Tikkun”, promette di diventarlo. Ma quando si parla d’Israele il pericolo dello scontro è sempre dietro l’angolo.
Con un’inversione di marcia più goffa che drammatica, il festival di Locarno ha quindi deciso di modificare titolo e senso di Carte Blanche, prestigioso incubatore cinematografico che quest’anno è dedicato a Israele, assegnandogli il vaghissimo nome di First Look. Il motivo? La “preoccupazione di cui ci hanno fatto partecipi alcuni realizzatori”, è la circospetta spiegazione degli organizzatori.
La sezione Carte Blanche dedica spazio ai migliori film in fase di post-produzione e, come di consueto, i titoli prescelti e ritenuti meritevoli di giungere all’attenzione dell’industria europea e internazionale dovevano essere scelti in partenariato con il locale Film Fund.
La levata di scudi non si è però fatta attendere e ciò non stupisce, alla luce delle feroci polemiche scoppiate negli ultimi due anni in Israele attorno al capitolo cinema. Possiamo ricordare il caso della regista Suha Arraf che un anno fa, per aver scelto di presentare il suo “Villa Touma” al festival di Venezia come palestinese è stata minacciata di ritiro dei fondi pubblici. O il recente scontro tra il ministro della Cultura Miri Regev e il Jerusalem Film Festival in merito al film dedicato a Yigal Amir, dove a venire minacciato di sospensione dei finanziamenti se non avesse bloccato la proiezione è stato il festival di Gerusalemme. Forse memore della recente dichiarazione del ministro Regev, che ha promesso di aggiornare i canoni della cultura israeliana, il festival di Locarno ha deciso di modificare il titolo dell’iniziativa, che da Carte Blanche diventa First Look.
“La natura del progetto dedicato al cinema israeliano non è una ‘carta bianca’, dal momento che non si tratta di una piattaforma offerta allo Stato d’Israele o all’Israel Film Fund e che la scelta dei film in post-produzione è operata esclusivamente alla direzione artistica del festival”, è la spiegazione ufficiale. “Per questo motivo, tenendo conto delle preoccupazione di cui ci hanno fatto partecipi alcuni realizzatori, abbiamo deciso di cambiare il nome dell’iniziativa in First Look, poiché il nome Carte Blanche semplicemente non corrisponde alla realtà del progetto”.
Il sostegno di un’organizzazione che lavora sul posto è indispensabile per individuare i film da selezionare, dicono gli organizzatori. E chiaramente, in questo caso si è trattato dell’Israel Film Fund, con cui “il festival del film di Locarno, come la maggior parte dei festival mondiale, ha solidi legami”. Il percorso seguito, ci si premura di rammentare, è il medesimo seguito nelle edizioni precedenti e allo stesso modo i film sono stati scelti sulla base della loro originalità artistica.
Dopo aver ricordato che il festival è sempre stato luogo di “libertà d’espressione” per i filmaker di tutto il mondo, citando tra le altre la rassegna Open Doors nel 2007 dedicata a Siria, Libano, Giordania, Israele, Iraq, Territori palestinesi ed Egitto, gli organizzatori concludono che la sezione First Look e le proposte saranno comunque “un’importante occasione di scambio e dialogo in un contesto di arricchimento culturale che è e resterà sempre una prerogativa intangibile del festival di Locarno”. Rimane però l’amaro per una decisione che da un lato suona comprensibile – negli ultimi due anni l’autonomia delle produzioni culturali sostenute da fondi pubblici in Israele è sempre più spesso messa in discussione – ma dall’altro è preoccupante.
Daniela Gross
(30 luglio 2015)