…condanne

Mi è sembrata insufficiente la reazione dei rabbini in Israele e nel mondo di fronte agli abbietti omicidi perpetrati nei giorni scorsi da alcuni giovani israeliani nei confronti di un infante arabo in un villaggio della Cisgiordania e di una ragazza ebrea nelle strade di Gerusalemme. Gli uccisori, così come l’assassino del primo ministro Rabin nel 1995, erano o erano stati tutti allievi di accademie rabbiniche, o presunte tali, agivano in nome di principi che, a loro dire, derivavano dalla tradizione ebraica, e si prefiggevano obiettivi dettati, sempre a loro dire, dalle norme dell’ebraismo. In sintesi, il programma degli assassini e delle altre (non molte) migliaia di persone che sono accomunate nella stessa ideologia, è lo stabilimento di uno stato fondato sull’applicazione integrale della halachah (il diritto ebraico tradizionale) su tutto l’antico territorio storico della Terra d’Israele, qualunque esso sia, e senza alcuna esclusione di mezzi, compreso l’omicidio.
Gli ultimi sanguinari episodi sono stati condannati dai capi-rabbini di Israele Yizhak Yosef e David Lau insieme a molti altri noti rabbini israeliani di diverse correnti e a diversi rabbini italiani. Da una quindicina di voci autorevoli raccolte in internet emergono queste direttrici di pensiero: “Gli autori dei delitti sono dei criminali. Sono atti feroci e senza logica. Preghiamo per la salute e il pronto ricupero dei feriti. Questa barbarie va condannata. Condanniamo il sangue versato dagli assassini in nome della religione. Questi comportamenti sono contrari a qualsiasi valore ebraico. È impensabile che un uomo sollevi la sua mano contro l’anima di un altro ebreo in nome della religione. Chiunque sia coinvolto in spargimenti di sangue non ci rappresenta. La Legge del Popolo d’Israele è contro la violenza e a favore della vita. Nell’ebraismo il valore della vita sta al di sopra di ogni altra cosa. La Torah dice non uccidere. Ci sono persone che compiono azioni due volte criminali: uccidono e lo fanno nel nome di D.o, che ci comanda di non farlo. Guai a coloro che sono vergogna per la Torah e il popolo di Israele. Dobbiamo riflettere sulla responsabilità individuale e collettiva. Gli errori del nostro popolo ci procurano dolore più degli errori di altri popoli. Anche quanto non siamo d’accordo dobbiamo trovare una via per esserlo in modo rispettoso e dobbiamo evitare a ogni costo situazioni che portino al versamento di altro sangue. Richiamiamo l’intero popolo ebraico a tornare all’unità in uno spirito di gentilezza e di tolleranza. Le parti coinvolte devono maturare la consapevolezza che non vi è né vi può essere altra soluzione al di fuori del dialogo”.
Tutte queste parole sono giuste, nobili e di grande buon senso, ma avrebbero potuto essere proposte da un quasiasi bravo giornalista oppure da un onesto docente universitario. Dal rabbinato ci aspettiamo qualche cosa di diverso e di più. E più in particolare pretendiamo tre cose. La prima è che venga sviluppata con ben maggiore profondità l’analisi del punto di vista ebraico sugli atti criminali commessi e sulle loro aberranti premesse ideologiche. La seconda è una condanna esplicita e senza attenuanti nei confronti di quelle specifiche scuole rabbiniche all’interno delle quali e su istruzione dei cui maestri sono maturati gli infami assassini. E la terza è una chiara e non equivoca specifica delle sanzioni e delle pene alle quali, secondo il diritto ebraico, devono essere sottoposti i vili criminali che nello stroncare giovani vite innocenti hanno infamato l’immagine di tutto il popolo ebraico e di tutto lo stato d’Israele.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(6 agosto 2015)