Visita Rivlin in sinagoga
L’intervento del rav Di Segni

Signor Presidente,
Lei ha visitato altre volte la nostra comunità e questa Sinagoga, e averla di nuovo oggi con noi mentre ricopre la carica di Presidente dello Stato d’Israele non solo è un grande onore ma anche un incontro con un amico di vecchia data. Questo Beth hakeneset, edificato in forma monumentale nel 1904 per sancire la fine dell’epoca dei Ghetti è carico di significati simbolici. Ha significato l’inizio di una nuova era con grandi speranze e cocenti delusioni. Ha passato i dolori della Shoà, è stato colpito dal terrorismo palestinese, ma è stato anche ed è tuttora il luogo dove gli ebrei romani si raccolgono per esprimere le loro preoccupazioni e le loro gioie personali e collettive che molto spesso sono legate alla Medinà. E’ il luogo visitato da Re, da Papi, da Presidenti e Ministri; fu inaugurato otto mesi dopo la visita di Teodor Herzl a Roma e solo pochi, allora, avrebbero immaginato che avrebbe accolto molti Presidenti e Primi Ministri dello Stato d’Israele.
Signor Presidente,
la storia della Sua famiglia, arrivata già nel 1809 in terra d’Israele, è esemplare. Studiando questa storia ho trovato un dato interessante che vorrei qui ricordare. Rabbì Avrahàm, un figlio del Gaon di Vilna, da cui discendete, scrisse un’opera su suo padre, Sa’arat Elihau, nella quale imbattendosi nel nome Samalion dice: è il nome di un angelo, come spiegato dal nostro antenato, zeqenenu, l’Arukh. Chi era l’Arukh? Era Natan ben Yechiel autore di un fondamentale dizionario talmudico che fu chiamato appunto Arùkh, rabbino romano, vissuto nell’XI secolo, e appartenente alla famiglia degli ‘Anawim, una famiglia che tuttora prospera in questa città e che da qui ha messo radici anche in Eretz Israel. Dunque la famiglia Rivlin rivendica con orgoglio un’ascendenza romana di mille anni fa. Mille anni sono tanti, ma sono meno della metà della storia degli ebrei in questa città. Il ricordo di rabbì Avraham sottolinea come sia importante nell’identità ebraica il flusso delle generazioni e il legame nel tempo e nello spazio, che ci unisce e rende tutti quanti un popolo.
La sua visita a Roma avviene in un momento storico abbastanza raro di sostanziale benessere per il popolo ebraico e lo Stato d’Israele ma nessuno si nasconde i problemi che dobbiamo affrontare e i pericoli che ci minacciano. Nei giorni che precedono il Rosh haShanà abbiamo un modo del tutto speciale per affrontare questi problemi: riunirci insieme, esaminare il nostro comportamento, darci una mossa e confidare in Chi da sempre è la nostra rocca e fiducia. Il nome di questo mese è Elùl, che letto alla rovescia è lulè che significa “se non”; per la prima volta nel Tanakh in bocca ai figli di Yaaqov (Bereshit 43:10): לולא התמהמנו “se non avessimo indugiato saremmo tornati qua già due volte”; l’ultima nel Salmo 27 v.13,לולי האמנתי לראות בטוב ה’ “ se non avessi creduto di vedere il bene del Signore”. Bisogna non fermarsi ed avere fiducia. E’ quello che fanno i nostri fratelli nello Stato d’Israele, è quello che dovremmo fare tutti quanti qui.
Shalom, Presidente, Benvenuto, buon compleanno – la prossima settimana – e buon anno.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

(4 settembre 2015)