Visita Rivlin in sinagoga
L’intervento di Renzo Gattegna
Illustre Presidente Reuven Rivlin,
ho il piacere e l’onore di rivolgere a Lei e alla Sua gentile consorte il più caldo benvenuto da parte di tutte le Comunità ebraiche italiane.
Colgo questa occasione per formulare e rivolgere a tutti i migliori auguri per il nuovo anno 5776 che sta per iniziare, affinché sia un anno dolce e quindi di pace per lo Stato di Israele e per tutte le comunità ebraiche, che sono e saranno sempre legati da un nesso indissolubile e da un comune destino.
Aggiungo anche gli auguri da parte di tutti per il Suo prossimo compleanno.
Sessantasette anni fa si è verificata una significativa coincidenza temporale che ha riguardato sia gli italiani che gli ebrei di tutto il mondo in quanto hanno avuto inizio contemporaneamente una nuova era e una nuova vita dopo gli orrori della guerra e del tentativo di genocidio perpetrato dai nazisti e dai fascisti.
Infatti nello stesso anno, il 1948, Israele ha ricostituito il proprio Stato e l’Italia ha coronato la propria trasformazione da Stato monarchico e dittatoriale in repubblica democratica con la promulgazione della nuova Carta costituzionale.
Già da allora, tra Italia e Israele, è nato e si è sviluppato un rapporto di grande solidarietà e amicizia che è proseguito fino ai nostri giorni.
Non possiamo dimenticare che l’Italia, un vero e proprio ponte proteso nel Mediterraneo, ha consentito la partenza dai suoi porti di molti degli ebrei europei desiderosi di realizzare l’aliyah e di iniziare in Israele una nuova vita.
Illustre Presidente, non posso non ricordare che la Sua persona è il simbolo di tutte quelle famiglie dalle quali sono emersi i padri fondatori che hanno reso possibile, con il loro contributo nei campi della politica, della cultura e del lavoro, la rinascita dello Stato di Israele.
Mi permetto anche di ricordare che tra i suoi illustri antenati figura rav Joseph di Ovan, che nel 1550 fu rabbino di Vienna, che la sua famiglia si è stabilita a Gerusalemme fin dal 1809, e che suo padre – Joseph Yoel Rivlin – è stato il primo che ha tradotto il Corano in lingua ebraica.
Mi permetto di ricordare che nella Sua vita politica, come Ministro delle Comunicazioni e come Presidente della Knesset, Lei si sia conquistato la stima e la fiducia di tutti i partiti e di tutte le minoranze politiche e religiose per la sua equanimità, il suo equilibrio e per il rispetto scrupoloso di tutti i principi ispiratori della democrazia israeliana: libertà, democrazia, fratellanza e rispetto di ogni singola individualità a prescindere dall’origine, dall’estrazione sociale e culturale, dal credo religioso.
Voglio riportare alcune Sue affermazioni che a mio avviso sintetizzano bene il suo pensiero e precisamente:
“Preferisco avere i palestinesi nostri concittadini, anziché Israele e Cisgiordania divise”.
“Oggi ci sono persone esaltate che pensano che uno Stato democratico ed ebraico sia democratico solo per gli ebrei”.
“È indispensabile lottare contro il fondamentalismo in qualsiasi forma si presenti”.
“La pace tra israeliani e palestinesi non può essere imposta. Bisogna costruire la fiducia attraverso il dialogo”.
“I rappresentanti dell’Autorità palestinese avranno difficoltà a far accettare al loro popolo anche la più favorevole delle soluzioni dei due Stati dopo anni di incitamento all’odio e alla distruzione di Israele”.
Sono parole che forse non le assicurano l’unanimità dei consensi ma che contengono una visione del presente e del futuro che, coraggiosamente, tiene conto sia dei timori che delle speranze che attraversano la società israeliana e le nostre comunità.
Un tratto della Sua personalità, solo apparentemente più leggero ma che la rende ancora più simpatico, è quello che riguarda il Suo stretto rapporto con il mondo dei giovani, la loro educazione e la loro formazione; mi riferisco alla Sua passione per lo sport, che l’ha portata ad accettare di ricoprire la carica di presidente della squadra di calcio Beitar di Gerusalemme.
Concludo manifestando tutta la nostra gratitudine per come Lei lavora e rappresenta lo Stato di Israele in patria e nel mondo, esercitando una guida forte, equilibrata e illuminata.
Todà Rabbà! Shanà Tovà Umetukà!
Renzo Gattegna, presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
(4 settembre 2015)