La lettera di Cameron, Hollande e Merkel “L’accordo nucleare tutela Israele
e argina la minaccia iraniana”
L’intesa sul nucleare iraniano serve a proteggere Israele e la regione dalla minaccia del regime di Teheran. È quanto sostengono David Cameron, Angela Merkel e Francois Holland, in un’editoriale apparso nelle scorse ore sul Washington Post. Il primo ministro britannico, la cancelliera tedesca e il presidente francese, alla vigilia del voto del Congresso Usa (fissato per il 17 settembre), intervengono dalle colonne del quotidiano americano per rivendicare la bontà dell’intesa siglata lo scorso 14 luglio a Vienna – assieme a Stati Uniti, Cina e Russia – e per rassicurare Israele. “Sosteniamo pienamente questo accordo – scrivono i tre leader europei – perché raggiunge gli obiettivi che ci eravamo prefissati”, ovvero fermare l’Iran nella sua corsa verso la bomba nucleare. Un progetto, quello di Teheran, “che costituiva una seria minaccia, non solo alla sicurezza dei paesi confinanti con l’Iran e per Israele, ma anche per le nostre nazioni. Una corsa all’armamento nucleare nel Medio Oriente avrebbe introdotto un disastroso nuovo fattore destabilizzante all’interno di una regione già instabile”. “Condanniamo senza mezzi termini il fatto che l’Iran non riconosca l’esistenza dello Stato di Israele e il linguaggio inaccettabile che i leader iraniani utilizzano contro quest’ultimo. – si legge nella lettera – La questione della sicurezza di Israele è, e resterà, un nostro interesse chiave. Non avremmo siglato l’accordo nucleare con l’Iran se non avessimo pensato che l’intesa elimina una minaccia per la regione”.
L’intervento del Post siglato Cameron, Merkel, Hollande – impegnati in questi giorni in Europa a far fronte all’emergenza profughi e con posizioni molto diverse – è diretto, a distanza di una settimana dal voto del Congresso, a far sentire il supporto delle tre potenze europee alla Casa Bianca e al presidente Barack Obama ma soprattutto all’accordo in sé, violentemente attaccato negli scorsi mesi dai Repubblicani e giudicato un pericolo per la sicurezza mondiale. Valutazione condivisa – ed espressa, non senza polemiche, all’interno del Campidoglio – dal Premier Netanyahu, che dopo l’ultimo attacco del leader supremo iraniano, l’ayatollah Ali Khamenei (“il regime sionista tra 25 anni non esisterà più”), ha sottolineato come la retorica del regime di Teheran non lasci spazio a dubbi sulle sue reali intenzioni. “Tutte le nazioni responsabili devono cooperare per fermare l’aggressione e il terrorismo iraniano. Sfortunatamente tutto questo crescerà come risultato dell’accordo”, l’affondo del Premier israeliano. Tra le accuse di chi critica l’intesa, la percezione che questa si fondi su un’eccessiva fiducia nei confronti di un Paese, l’Iran, che finanzia movimenti terroristici in diverse parti del mondo (attentato al Centro ebraico di Buenos Aires del 18 luglio 1994) e regimi totalitari come quello di Bashar Al Assad in Siria (nelle ultime ventiquattro ore la stampa internazionale ha rivelato la presenza di soldati iraniani in territorio siriano, sbarcati per dare il proprio supporto ad Assad nella sanguinosa guerra civile in corso). I leader europei si difendono di fronte all’accusa di aver avuto un approccio troppo ingenuo nei confronti di Teheran. “Non abbiamo raggiunto l’accordo nucleare con l’aspettativa che la politica estera dell’Iran sarebbe cambiata nel breve periodo. – la spiegazione apparsa sul Post – Ma l’accordo permette di affrontare la minaccia del programma nucleare iraniano e può aprire la strada al riconoscimento da parte dell’Iran che la collaborazione con i paesi vicini è meglio del confronto: Anche se non possiamo avere gli stessi interessi dell’Iran, siamo di fronte ad alcune sfide comuni, compresa la minaccia dell’Isis”. L’auspicio di chi ha siglato l’accordo è che questo sia un viatico per condizionare la futura politica dell’Iran ma viene ribadito che l’obiettivo primario era ed è fermare la corsa di Teheran all’armamento nucleare. Questo, brevemente, quanto il regime si sarebbe impegnato a garantire: ““di ridurre del 98 per cento la sua riserva di uranio arricchito; di abbassare di due terzi il numero delle sue centrifughe; limitare i livelli di arricchimento dell’uranio; di smettere di usare il sito di Fordow per l’arricchimento. Viene modificato il reattore Arak in modo che non produca plutonio per uso militare. E si garantisce all’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica) un accesso elevato non solo per gli impianti nucleari iraniani e l’intero ciclo del combustibile nucleare, ma anche, ove necessario, a qualsiasi sito non dichiarato”.
Daniel Reichel
(11 settembre 2015)