Nella notte attaccata la tomba di Giuseppe
Abbas, tra bugie e promesse
Mentre il Premier israeliano Benjamin Netanyahu chiede al leader palestinese Mahmoud Abbas di impegnarsi per riportare la calma, continuano attentati e violenze contro civili e soldati israeliani. Nelle scorse ore ad essere aggredito è stato un soldato, accoltellato a Kiryat Arba, nei pressi di Hebron, da un palestinese. La vittima è stata ricoverata ed è in condizioni stabili mentre l’aggressore, camuffatosi da fotoreporter per passare inosservato (vestiva una pettorina con la scritta Press), è stato ucciso. Ad aprire l’ennesimo “venerdì della rabbia”, quella invocata dal movimento terroristico di Hamas, l’assalto incendiario compiuto nella notte da alcuni rivoltosi palestinesi a Nablus contro la tomba di Giuseppe, sito sacro per gli ebrei. L’incendio è stato poi domato dalla polizia dell’Autorità palestinese che ha disperso la folla fino all’arrivo dell’esercito israeliano. “L’incendio e la profanazione della Tomba di Giuseppe è una palese violazione dei fondamentali valori di libertà di culto – ha dichiarato il portavoce di Tsahal Peter Lerner – L’esercito adotterà tutte le misure necessarie per assicurare alla giustizia i responsabili, restaurare il sito e tutelare la libertà religiosa”. Sull’incendio è intervenuto anche Abbas, condannando l’episodio, che ha definito “irresponsabile” e promettendo di formare una commissione di inchiesta per indagare sull’accaduto. Secondo il quotidiano Haaretz, il leader dell’Anp ha parlato con il segretario di Stato John Kerry nelle scorse ore, promettendo di restaurare la calma. A lui si è rivolto Netanyahu, affermando di essere a disposizione per riprendere i negoziati per la pace – senza precondizioni – ma definendolo un bugiardo: l’accusa del Premier israeliano deriva dalla decisione di Abu Mazen di mostrare una foto dell’attentatore tredicenne Ahmed Masnara, che nei giorni scorsi ha aggredito un suo coetaneo israeliano, dicendo che il ragazzo era stato ucciso a sangue freddo ed era innocente. Davanti ai giornalisti locali e internazionali, Netanyahu ha denunciato l’affermazione come una doppia bugia, mostrando i video in cui si vede l’aggressione perpetrata da Masnara così come le foto in cui si vede il ragazzo, vivo, ricoverato attualmente nell’ospedale israeliano Hadassah. Per Netanyahu questo atteggiamento è la dimostrazione della malafede del leader palestinese che sta infiammando gli animi invece che cercare di controllare le violenze. “Ho fatto appello ad Abbas più e e più volte perché riavviassimo i colloqui di pace senza precondizioni. Io voglio incontrarlo – ha dichiarato il capo del governo di Gerusalemme rispondendo una domanda della Bbc – e lui che non vuole. Ma voi continuate a chiedere a me di rinnovare i negoziati. Chiedete a lui non a me”. La risposta di Abbas potrebbe arrivare tramite i media israeliani: secondo il suo ufficio stampa nei prossimi giorni il presidente dell’Anp potrebbe rilasciare un’intervista alle reti 2 e 10 della televisione israeliana. Il piano di Ramallah sarebbe quello di riportare gli Stati Uniti al centro della rete diplomatica con Israele. Ma proprio nei confronti di Washington sono arrivate recentemente le proteste di Gerusalemme: la dichiarazione del portavoce del Dipartimento di Stato Usa John Kirby, che ha parlato di un possibile eccessivo uso della forza da parte di Israele nel contrastare la nuova ondata di attacchi terroristici, ha irritato molto la diplomazia dello Stato ebraico. A metterci una toppa, le parole di Kerry: “gli Stati Uniti continueranno a sostenere Israele nel suo diritto di autodifendersi”. Il Segretario di Stato ha anche condannato gli attacchi terroristici contro gli innocenti civili israeliani, definendoli ingiustificabili. Nei prossimi giorni lo stesso Kerry è atteso nella regione per cercare di riavvicinare le parti. Un nuovo tentativo dopo il fallimento del suo ultimo progetto di riportare la pace tra Gerusalemme e Ramallah.
Daniel Reichel
(16 ottobre 2015)