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La riscrittura della storia in Medio Oriente segue strade complicate, sulle quali vale la pena ragionare. Nessuno si può dire esente da colpe, anche perché la storia stessa è un terreno scivoloso, che prevede diverse possibilità interpretative e pochi punti fermi. Se poi – come nel caso di quell’area geografica – la storia viene utilizzata per giustificare e legittimare l’azione politica, è evidente che non si può permettere che certe cose vengano dette o scritte senza rispondere con adeguata documentazione e con una altrettanto adeguata capacità di incidere sugli organi di divulgazione. L’Isis sta di fatto riscrivendo la storia con la brutalità delle armi, e sta ridisegnando la mappa geografica del Medio Oriente. Non più vestigia delle civiltà passate (distrutta Palmira, eliminate chiese e luoghi di culto non islamici), e non più confini tracciati in lunghe linee rette dai geometri dell’impero britannico. Il variegato mondo palestinese (ormai privo di una leadership unitaria e credibile) ha capito la forza di queste operazioni, e sta provando a guadagnarsi una sua legittimazione proponendo un’improbabile retrodatazione della nazione palestinese. Una nazione che indubbiamente esiste in senso moderno da numerosi decenni, e che non avrebbe di per sé alcuna necessità di ricercare impresentabili radici storiche antiche di millenni. C’è, e non si può non fare i conti con la sua esistenza. Ma questo evidentemente non è sufficiente, e allora ci si esercita nella nuova disciplina della storia inventata a suon di decreti votati a maggioranza, provando a cancellare la storia degli altri, in questo caso gli ebrei. L’ultimo episodio purtroppo getta nel discredito un’istituzione internazionale che gioca un ruolo fondamentale nella tutela dei beni culturali, l’Unesco. Il 21 ottobre è stata votata dai suoi consiglieri una risoluzione su Gerusalemme in cui “si chiedeva – come ci informa un interessante articolo di Maurizio Del Maschio – che il Muro Occidentale, detto ‘del Pianto’ dai non ebrei, venisse considerato un’appendice facente parte integrante della Spianata delle Moschee, il cosiddetto Haram as-Sherif, il Recinto Nobile. Quindi, sotto la giurisdizione del Jerusalem Muslim Council.” È nota la tendenza degli organismi delle Nazioni Unite di soggiacere ai dictat dei paesi arabi – la sproporzione di risoluzioni adottate dal Consiglio di Sicurezza contro Israele è talmente palese e illegale che non ci fa più caso nessuno – ma qui si rischia di oltrepassare ogni limite. Il campo della cultura, della conoscenza, e dell’evidenza delle tracce archeologiche è stato fino ad oggi un luogo di incontro. Si è sempre detto che la cultura e la conoscenza sconfiggono gli estremismi e spianano la via ai percorsi di pace. Tanto più grave appare quindi la dinamica che si è attivata presso l’Unesco, che in questo modo rischia di fare a pezzi la sua natura di organismo “terzo”, istituzione deputata alla salvaguardia del patrimonio culturale umano e naturale senza etichette e senza schieramenti.

Gadi Luzzatto Voghera, storico

(6 novembre 2015)