Spotlight – JCiak
L’esercito delle ragazze

10794_28287_Zero-Motivation-HEROSembra ancor più irriverente, in questi giorni di morte, orrore e guerra. Eppure mai come oggi abbiamo bisogno del sorriso che percorre “Zero Motivation”, il film di Talya Lavie che sabato apre la decima edizione del Pitigliani Kolno’a Festival, la rassegna cinematografica che ogni anno porta a Roma i lavori più belli del cinema ebraico e israeliano. Cercate di non perdervelo, perché è troppo definirlo – come qualcuno ha fatto – la risposta israeliana al meraviglioso “Mash” di Robert Altman, ma sul suo valore non ci sono dubbi.
Non a caso dopo un passaggio trionfale al mitico Tribeca Film Festival e agli Ophir, gli Oscar israeliani, il film – uscito nel 2014 – in Israele ha totalizzato un pubblico record di quasi 600 mila spettatori.

“Zero Motivation” segue le storie di un gruppo di ragazze di leva, di stanza nel sud d’Israele. Impiegate in un ufficio, contano i giorni che le separano dal ritorno alla vita civile, passano carte, servono caffè al capo e tramano per farsi trasferire a Tel Aviv. Nel frattempo bisticciano fra loro, s’innamorano, cantano e sprofondano nei videogiochi.
Qualcuno ne ha parlato come di un film antimilitarista, ma è un giudizio un po’ sopra le righe. Di sicuro è un film che ci regala uno sguardo nuovo e fresco sull’esercito. Le protagoniste sono lontani anni luce dalla politica, dalle sue ragioni e irragionevolezze, come dalla retorica patriottica. Fanno ciò che al posto loro farebbe qualsiasi diciottenne. E, da brave post-femministe, s’ingegnano a mettere i bastoni fra le ruote a quel mondo di soldati che – malgrado la parità dei sessi – ancor oggi è governato dai maschi.
“‘Zero Motivation’ è un film sulla società israeliana, e l’esercito era un modo di guardarvi in un modo estremo”, ha spiegato Talya Lavie che nel film ha incanalato la sua stessa esperienza personale. “Durante la leva, quand’ero impiegata come segretaria, sognavo di fare un film sull’esercito che avesse il pathos e le proporzioni epiche dei classici film di guerra, ma parlasse del grigio e banale servizio che stavamo sperimentando io e i miei amici, a cui stento veniva chiesto di alzarci dalle nostre sedie. Mi ispirava e divertiva l’idea di usare le buste, le tazze del caffè, gli intrighi da ufficio, le graffette e i solitari per creare una risposta femminile ai film sull’esercito israeliano, dominati dalla figura maschile”, ha raccontato in un’intervista a Women and Hollywood.
Potremmo chiederci se è giusto ridere della strana guerra di Daffy, Zohar e Tehila mentre la guerra, quella vera, semina morte, lacrime e distruzione. Ma “Zero Motivation” ci ricorda che le ragazze soldato sono prima di tutto ragazze. Starebbero meglio a casa loro, a fare shopping in quella bolgia dell’Azrieli Center o in spiaggia a Tel Aviv. Se solo non ci fosse sempre un’altra maledetta guerra da combattere.

Daniela Gross

(19 novembre 2015)