Periscopio
L’Onu e il Golan
Se la cosa non fosse terribilmente seria, e tragica, apparirebbe davvero esilarante, degna del migliore cabaret umoristico e del più raffinato teatro dell’assurdo, la risoluzione delle Nazioni Unite che, lo scorso 24 novembre, ha intimato a Israele di “riconsegnare il Golan”. Qualcosa di talmente grottesco e paradossale da permettere anche a un mediocre attore di avanspettacolo di strappare al pubblico facili risate. Non ci sarebbe infatti bisogno di caricare o deformare minimamente la realtà, basterebbe raccontare i nudi fatti per fare ridere.
E i fatti sono questi. C’è un posto al mondo, la Siria, dove tutti sparano e bombardano tutti, e si fa una fatica immane a raccapezzarsi nell’intricatissimo groviglio. C’è il regime di Assad, leader un tempo gradito anche all’Occidente (qualche tempo fa l’ex Presidente Napolitano, in un suo viaggio di Stato a Damasco, gli diede anche una medaglia al valore), ma oggi caduto un po’ in disgrazia, pare che anche il suo amico Putin lo stia mollando. Poi ci sono i ribelli che combattono per rovesciare il regime, che stanno simpatici agli americani, ai quali Assad sta antipatico, ma stanno invece antipatici ai russi, che di Assad sono, o erano, amici. Poi ci sono i curdi, che combattono contro Assad, ma stanno antipatici ai turchi, perché sono compagni degli altri curdi che stanno in Turchia. Ci sono poi sono quelli dell’ISIS, che in teoria sono nemici di tutti, anche se si ha l’impressione che molti sorridano sotto i baffi quando fanno le loro cattiverie, purché le facciano contro i bersagli giusti. E ci sono poi gli iraniani, che dicono di volere combattere i cattivoni dell’ISIS, sia perché loro, come si sa, sono buoni, sia perché quelli sono sunniti, mentre loro sono sciiti, e avere vicino casa un rivale tanto simile a loro non gli farebbe piacere.
Insomma, un vero rompicapo. Un guazzabuglio talmente intricato che gli aerei militari che vengono mandati là per fare la guerra, nella difficoltà di capire chi debbano colpire, come niente sbagliano bersaglio e sparano gli amici invece dei nemici. Non invidiamo quei poveri piloti, che, oltre a rischiare la pelle, temono di giocarsi la carriera per non avere saputo eseguire con precisione ordini tanto precisi e complicati. In questo scenario, l’alto sinedrio della Nazioni Unite – che, com’è noto, vigila insonne sulla pace e sulla sicurezza mondiale, oltre che sul rispetto dei diritti umani e la difesa dei deboli e degli oppressi – ritiene suo dovere emanare una delle sue famose risoluzioni, sempre ispirate, com’è altrettanto noto, agli eterni principi della verità e della giustizia universale. Solo che, a questo punto, deve essere sorto qualche piccolo bisticcio, come avviene nelle assemblee condominali: chi bisogna condannare, chi bisogna difendere, chi bisogna appoggiare? Problema di difficilissima soluzione, perché i condomini, sul punto, sono tutti gli uni contro gli altri, come cani e gatti. Se condanni questo, scontenti quello, se appoggi quello, fai arrabbiare questo ecc. Finché a qualcuno, il più geniale dell’assemblea, viene un’idea originalissima, di rivoluzionaria novità: perché non proporre una bella risoluzione contro Israele? Immediatamente, l’acrimonioso battibecco lascia il posto a uno scrosciante applauso, e, in quattro e quattr’otto, viene votata, tra i sorrisi generali, una bellissima risoluzione, che ordina a Israele di restituire il Golan. Dopo di che, tutti a casa, felici e contenti.
Israele, per quanto discolo e disobbediente, non potrà ignorare un ammonimento proveniente dal supremo tempio della verità e della giustizia, deve restituire il maltolto. Resta solo un piccolo problemino, ossia la questione di “a chi” debba restituirlo. Questo le Nazioni Unite non l’hanno detto, e abbiamo il sospetto che, quando domani un postino busserà al portone del Palazzo di Vetro, per lasciare, come ordinato, le chiavi del Golan, potrà sorgere qualche discussione su chi debba essere, come si dice, “l’utilizzatore finale” del lascito, tanto da rendersi necessaria un’ulteriore convocazione dell’assemblea di condominio. Che, probabilmente, voterà una nuova bella risoluzione, per condannare l’ennesima provocazione di Israele, che ha lasciato il pacco-dono con l’esplicito intento – come per il giudizio di Paride – di fare scoppiare una nuova guerra.
Francesco Lucrezi, storico
(2 dicembre 2015)