Le ragazze terribili, fra divisa e rossetto
Sembra ancor più irriverente, in questi giorni di morte, orrore e guerra. Eppure mai come oggi abbiamo bisogno del sorriso che percorre “Zero Motivation”, il film di Talya Lavie che dopo un passaggio trionfale al mitico Tribeca Film Festival e agli Ophir, gli Oscar israeliani, in patria ha totalizzato un pubblico record di quasi 600 mila spettatori. Cercate di non perderlo, se potete. È troppo definirlo – come è stato fatto – la risposta israeliana al meraviglioso “Mash” di Robert Altman e ha poco a che fare con “Soldato Giulia agli ordini”, cult degli anni Ottanta interpretato da una splendente biondissima Goldie Hawn che più volte è stato chiamato in causa. In ogni caso è un film notevole, che ha il merito di segnare una svolta nel cinema israeliano e più in generale nella nostra percezione di quell’esercito.
Negli ultimi anni sul grande schermo sono sfilati battaglioni soldati israeliani. Fra i film che più ne hanno svelato l’umanità e le vulnerabilità, “Kippur” di Amos Gitai (2000); “Yossi & Yager” (2003) di Eytan Fox, che per primo infrange il tabù dell’amore gay e poi, sulle guerre in Libano, “Beaufort” (2008) di Joseph Cedar, tratto dal best seller di Ron Leshem; “Valzer con Bashir” (2008), inquietante animazione di Ari Folman e il claustrofobico “Lebanon” (2011) di Shmuel Maoz. Finora però nessuno ci aveva raccontato l’esercito delle ragazze, relegando le donne sullo sfondo, in veste di amiche, sorelle, fidanzate, madri.
“Zero Motivation” ci conduce proprio nel loro mondo, seguendo le storie di un gruppo di ragazze di leva. Di stanza nel sud d’Israele, sono impiegate in un ufficio, contano i giorni che le separano dal ritorno alla vita civile, passano carte, servono caffè al capo e tramano per farsi trasferire a Tel Aviv. Nel frattempo bisticciano, s’innamorano, s’intristiscono, cantano e sprofondano nei videogiochi. Qualcuno ne ha parlato come di un film antimilitarista, ma è un giudizio un po’ sopra le righe. Di sicuro è un lavoro antieroico e denso d’ironia che ci regala uno sguardo nuovo e fresco sull’esercito e più in generale sulla società israeliana. Le protagoniste sono lontane anni luce dalla politica, dalle sue ragioni e irragionevolezze, come dalla retorica patriottica. Fanno ciò che, al posto loro, farebbe qualsiasi diciottenne. E, da brave postfemministe, s’ingegnano come possono, spesso con gran risate, a mettere i bastoni fra le ruote a quel mondo di soldati che – malgrado la parità dei sessi – ancor oggi è governato dai maschi.
åViene da chiedersi se è giusto ridere della strana guerra di Daffy, Zohar e Tehila mentre la guerra, quella vera, semina morte, lacrime e distruzione. Ma “Zero Motivation” ci ricorda che le ragazze soldato sono prima di tutto ragazze. Starebbero meglio a casa loro, a fare shopping nella bolgia dell’Azrieli Center o stese al sole in spiaggia a Tel Aviv. Se solo non ci fosse sempre un’altra maledetta guerra da combattere.
Daniela Gross