Alunni stranieri, stimolo e patrimonio per la scuola
“È giusto iscrivere il proprio figlio, italiano, in una scuola con ampia maggioranza di bambini stranieri, o di italiani di seconda o terza generazione? Se lo staranno chiedendo molte famiglie, dal momento che le iscrizioni si sono appena aperte e lo resteranno fino al 22 febbraio. La risposta è scontata: sì, è giusto. Perché il mondo sta cambiando e perché la vera parola straniera, anzi la vera idea straniera, è proprio la parola ‘straniero'”. In una intervista sull’edizione torinese dalla Repubblica (26 gennaio), Concetta Mascali, dirigente scolastica di un plesso che ha una altissima concentrazione di iscritti non italiani non ha dubbi:”Pensare che ci possano essere ostacoli alla didattica è un pregiudizio. Non mandare uno scolaro in istituti come questo è un errore educativo e una fuga dalla realtà. Bisogna subito sgombrare il campo dal pregiudizio secondo cui un alto numero di bambini o ragazzi stranieri significherebbe minor lavoro in classe e inferiore grado di preparazione: nulla di più falso. È un modo di pensare sbagliato, che rischia di sottrarre a scuole come le nostre un alto numero di buoni o buonissimi elementi, italiani o stranieri che siano, e può innescare una reazione a catena”.
Le percentuali di alunni “stranieri” altissime – l’85 per cento in una scuola, 90 in un’altra – non rappresentano un freno alla didattica, anzi. Ma sono necessari insegnanti preparati, pronti ad affrontare difficoltà di apprendimento e comprensione non comuni. La commistione, però – spiega Mascali – produce grandi stimoli, non solo problemi, così sono parecchie le famiglie a indirizzarsi verso le sue scuole proprio per il loro carattere di internazionalità, dunque di modernità.
L’italiano, innanzi tutto. Intanto la riforma delle classi di concorso approvata in Consiglio dei Ministri prevede un nuovo codice, A23, per l’insegnamento della lingua italiana per stranieri. Si tratta di una decisione molto attesa che porterà nelle scuole italiane circa 500 specialisti con il prossimo concorso a cattedra, proprio per affrontare anche dal punto linguistico l’integrazione degli alunni stranieri. (Repubblica Roma, 22 gennaio)
Lingua, cultura e Costituzione. “Multiculturalismo non significa ‘fai come ti pare’ e nemmeno trasferire nel nostro Paese pratiche tribali, i migranti che vorranno ottenere la cittadinanza italiana dovranno impegnarsi a svolgere un esame di lingua, storia e cultura del nostro Paese, conoscere la Costituzione e giurare su questa. Non può esserci multiculturalismo, se manca l’apprendimento dei valori e dell’identità del Paese in cui si vive”. Sono parole del viceministro all’Infrastrutture e ai Trasporti, Riccardo Nencini, segretario del Partito socialista italiano, alla presentazione del disegno di legge dei parlamentari del Psi per l’introduzione del percorso di cittadinanza. L’idea centrale è che non basti più risiedere in Italia per dieci anni ma vada seguito un percorso di cittadinanza, messo a disposizione da strutture statali, che si concluda con il giuramento sulla nostra Carta costituzionale.
E in Gran Bretagna… Rischiano di venir penalizzate le scuole inglesi che lasciano indossare il velo integrale. L’indumento può rappresentare una “barriera all’apprendimento” e gli ispettori potranno applicare giudizi negativi per gli istituti che permettono alle loro studentesse di portarlo. L’annuncio è sostenuto dal governo del premier David Cameron, nonostante le critiche del Muslim Council of Britain che ritiene vergognoso che il niqab sia diventato un motivo di attrito. (Avvenire, 28 gennaio)
Buone notizie. È sul Corriere del mezzogiorno che Roger Abravanel – ha pubblicato (per Rizzoli) la Ricreazione è finita -commenta la scelta della Cisco, multinazionale leader del networking, di insediare un’Academy per sviluppatori all’istituto tecnico Ferraris di Scampia. “È un istituto modello. Ben guidato e in grado di garantisce al mercato del lavoro figure preparate. Hanno creato una scuola seria e competitiva in un’area della città dove c’è bisogno di Stato, di regole ma anche e forse soprattutto di prospettive. Un istituto dal quale molti vanno via perché è decisamente impegnativo”
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(29 gennaio 2016)