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contro i boicottaggi
“La scienza e la cultura hanno il potere di costruire il dialogo e di prevenire i conflitti, e c’è bisogno di un rapporto fluido e costante tra le comunità scientifiche di tutti i diversi paesi”. Risuonano alte e chiare le parole del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, che in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Relazioni internazionali e cooperazione allo sviluppo a Irina Giorgieva Bokova, Direttore Generale dell’Unesco, ha voluto sottolineare il suo apprezzamento per la risposta ufficiale che la conferenza dei rettori delle università italiane ha dato all’appello firmato da qualche centinaio di docenti e di ricercatori per il boicottaggio del Technion. “C’è molto bisogno di maestri così come c’è molto bisogno di un rapporto assolutamente fluido e costante tra le comunità scientifiche di tutti i diversi paesi. Tutto questo in sintesi si chiama diplomazia culturale, è un settore che l’Unesco valorizza con coerenza e con continuità di iniziative, e che più recentemente è diventato anche un asset strategico del Servizio esterno dell’Unione Europea. Questo significa riconoscere il potere silente della scienza e della cultura per costruire il dialogo e per prevernire il conflitto. Ne ha bisogno la nostra società, ne abbiamo bisogno noi come cittadini, tutti, in un mondo che di nuovo è alla ricerca di pace”. Un discorso fermo e pacato, con parole nette, che non lasciano spazio a dubbi: “Per questo ho molto apprezzato la risposta data dalla Conferenza dei Rettori delle università italiane all’appello firmato da alcuni docenti universitari per il boicottaggio del Technion di Haifa”.
a.t. twitter @atrevesmoked
Discorso integrale del ministro Giannini
Magnifico Rettore,
Autorità
Cari Colleghi e cari studenti,
Provo una certa emozione a essere qui con tutti Voi, di nuovo qui con tutti Voi, all’Università per Stranieri di Perugia, in una giornata così importante.
Siamo qui per aprire il 91esimo anno accademico della nostra prestigiosa Università, che attraverso due secoli di storia educativa e culturale del Paese ha saputo mantenere fede al suo mandato istituzionale (promuovere l’Italia nel mondo attraverso la sua lingua e la sua cultura), senza mai smettere di rinnovare la propria missione e il proprio profilo didattico e scientifico a servizio di un mondo che cambia e che esige cambiamento.
Siamo qui anche per dirci in che modo la Stranieri potrà e dovrà partecipare sempre più attivamente alle politiche di internazionalizzazione del sistema universitario italiano. Vedo tante opportunità e cercherò di tracciarne una sintesi.
E siamo qui soprattutto per accogliere, lodare e laureare Irina Bokova, Direttore Generale dell’Unesco dal 2009, alla cui guida illuminata e coraggiosa dobbiamo ciò che è l’Unesco è oggi: il principale attore globale delle relazioni internazionali in campo educativo, scientifico e culturale. Quindi, uno dei principali attori delle relazioni internazionali tout court.
A Lei, Cara Direttore Generale, va il saluto grato del Governo italiano e mio personale, per l’impegno, la passione e la determinazione dimostrata in questi anni nell’esercizio di un compito complesso e affascinante.
Parto da una riflessione sulla missione e sulla vocazione di questa Università.
Fondata nel 1925, la Stranieri di Perugia ha portato nell’Italia repubblicana e nell’Europa del dopoguerra un progetto educativo e culturale visionario e innovativo: insegnare e diffondere la lingua e la cultura italiana come fattori di identità nazionale, e come strumenti di incontro e di dialogo fra popoli e culture diverse, talvolta distanti o in conflitto.
In questo suo originale cammino, unico nel panorama internazionale, la Stranieri diventò cittadina di un mondo in cerca di pace.
Negli stessi anni in cui a San Francisco, dalla Conference of Allied Ministers of Education del novembre 1945 nacque l’Unesco. Dopo un’esplosione devastante di antisemitismo, una seconda guerra mondiale e dopo la scoperta e l’uso delle armi atomiche.
L’Italia, paese aggressore sconfitto, non era fra i membri di quell’Alleanza fondatrice. Ma l’Italia Paese liberato e resistente aderì subito all’Unesco, in nome degli stessi princìpi che portarono alla nostra Costituente e alla nostra Costituzione.
In questo nuovo quadro e davanti alle nuove sfide della ricostruzione, la Stranieri dell’Italia democratica e repubblicana ha così ritrovato la propria missione, straordinariamente vicina e per certi versi coincidente con i valori fissati nelle parole della Constituzione dell’Unesco.
Dalla prima: “Since wars begin in the minds of men, it is in the minds of men that the defence of peace must be constructed” – all’ultima del preambolo – “a peace based exclusively upon the political and economic arrangements of governments would not be a peace which could secure the unanimous, lasting and sincere support of the peoples of the world”.
È nella testa della gente che si crea la pace e la pace per mantenersi solida ha bisogno di radici solide, più profonde dell’economia e della politica.
Questo credo Unesco, basato sulla convinzione che l’istruzione per tutti, il libero scambio di idee e di conoscenza siano gli strumenti primari per garantire il dialogo e il rispetto fra i popoli, è il vostro credo, cari Colleghi, che avete fatto dell’insegnamento linguistico il cardine di un ben più ampio progetto culturale.
La lingua è identità. Insegnare o imparare una lingua è farsi ambasciatori di quella identità. La lingua è anche ponte fra individui e comunità e il vostro è saldamente edificato da quasi un secolo fra l’Italia e il resto del mondo.
Non possiamo che dirvi grazie per la passione e la professionalità con cui l’avete costruito e conservato.
Grazie ai docenti, alla comunità accademica e alla città di Perugia che si identifica con questa missione e grazie soprattutto a voi, cari studenti, italiani e stranieri, che con i vostri studi in questa università, pronunciate ogni giorno un atto di amore verso il nostro Paese e verso la sua cultura dell’accoglienza e dell’integrazione.
Ciò ci gratifica e ci consegna un’enorme responsabilità, in un momento drammatico della storia globale.
Molti dei territori con i quali la stranieri ha coltivato le sue relazioni stabili (erano 108 pochi anni fa) sono oggi teatro di guerra, di questa ‘terza guerra mondiale a capitoli” che distrugge le vite e calpesta la dignità delle persone.
Si tratta di regioni e paesi, con i quali abbiamo avviato in anni recenti progetti di cooperazione universitaria importanti e ancora attuali: dall’Egitto alla Turchia, dal Medioriente a tutta l’area mediterranea, dove oggi più che mai servono le università più che gli eserciti, serve la scienza oltre che i sistemi di sicurezza.
L’Europa può e deve essere protagonista di questo processo di diplomazia culturale, se non vogliamo vedere risorgere i muri che abbiamo visto cadere 27 anni fa.
Proprio in quell’Europa in cui oggi vengono impiegati chilometri di filo spinato per mettere fra la paura e i sondaggi una barriera effimera e sottile.
Ma è la vostra esperienza, cari Amici di Perugia, e quella delle comunità scientifiche di tutto il mondo a dirci che fra la paura e le decisioni politiche serve un altro diaframma: quello del sapere e della cultura, quello della consapevolezza e dello spirito critico cui ogni università addestra i propri studenti e i propri maestri.
Tutto questo si chiama diplomazia culturale ed è un settore che l’Unesco valorizza con coerenza e continuità di iniziative e che più recentemente è diventato asset strategico nel servizio esterno dell’Unione Europea.
Ciò significa riconoscere il potere silente della scienza e della cultura per costruire il dialogo e prevenire il conflitto.
Ne ha bisogno la nostra società e ne abbiamo bisogno tutti noi, cittadini di un mondo che è di nuovo alla ricerca di pace. E possiamo misurarne l’efficacia nei casi concreti.
Per questo ho molto apprezzato la risposta data dalla Conferenza dei Rettori delle università italiane all’appello firmato da alcuni docenti universitari per il boicottaggio del Technion di Haifa. L’accusa è che in quella università si faccia ricerca finalizzata anche a generare oppressione ai danni del popolo palestinese.
L’Italia, la cui amicizia con Israele è profonda e che non sottovaluta la minaccia all’esistenza e alla vita dello Stato portata da gruppi terroristici, sostiene tutti gli sforzi negoziali per giungere a una pace duratura.
Ma non è questo il punto. È l’idea stessa di progresso della scienza che, per principio, esclude la modalità del boicottaggio.
Il mondo non ci chiede, cari Colleghi studiosi, ricercatori e scienziati, di partecipare ai boicottaggi, che sono, per definizione, atti di separazione e di esclusione.
Il mondo ci chiede, oggi più che mai, di incrementare la quantità e la qualità della nostra cooperazione.
Da lì soprattutto dipenderà il recupero di un equilibrio efficace fra Nord e Sud del mondo e da lì potrà derivare la nostra capacità di dare risposte e soluzioni efficaci alle grandi sfide ormai condivise: ambiente, salute, migrazioni, accesso all’acqua e all’istruzione, parità di genere.
Il mondo ha bisogno che questo grande fiume della cultura e dell’istruzione cresca, sia riconosciuto e, in una certa misura, protetto.
L’Italia in questi giorni piange la morte di Giulio Regeni, il giovane dottorando assassinato al Cairo, e pochi mesi prima aveva pianto la morte di Valeria Solesin, assassinata nel massacro di Parigi del 13 novembre.
Storie diverse, vicende e contesti molto diversi. Ma oltre al dolore che ci unisce alle loro famiglie, c’è un filo che lega Giulio a Valeria e che non possiamo permettere che venga reciso col passare dei giorni e della memoria.
Giulio e Valeria erano membri di quella comunità di moderni esploratori della conoscenza, che lasciano ogni anno i loro paesi per mettersi in moto, in Europa e nel mondo, per saperne di più, per cercare e scoprire nuove risposte.
E proprio questo mi fa pensare che l’Unione Europea debba proporsi di creare per questi nuovi clerici vagantes una sorta “passaporto di libertà” da allegare al normale passaporto, che come un rinnovato privilegium scholasticum identifichi e protegga la loro libertà di muoversi, studiare e ricercare.
Le loro rotte travalicano i confini geografici e politici e sono tracciate da un intuito cui spesso dobbiamo i risultati di diritti e di progresso, che ci rendono orgogliosi del nostro essere uomini e donne di questo tempo.
Penso all’orgoglio dello stay human come descritto da Elias Canetti (Die gerettete Zunge. Geschichte einer Jugend, 1977), che non è solo un sentimento filosofico: è, o almeno, può diventare un programma per una politica della conoscenza basata sul valore del capitale umano.
Un piano nazionale della ricerca che rimette in collegamento le esigenze di un’economia dinamica e sostenibile con una maggiore attenzione ai bisogni della società non è estraneo a questo orgoglio.
Così come lo sforzo per far convergere in grandi cluster e infrastrutture di ricerca i centri diffusi e talvolta dispersi in microprogetti che non riescono a competere a livello internazionale non è un tecnicismo che favorisce le scienze dure a scapito di quelle umanistiche.
Tutti questi sono più semplicemente gli strumenti concreti per rendere gli studenti e le studentesse che oggi trovano in queste aule la dottrina e il metodo protagonisti di una società migliore.
Questo capitale, Signora Direttore Generale, è patrimonio dell’umanità per definizione, esattamente come i tanti luoghi e monumenti tangibili individuati dalle campagne dell’Unesco in Italia e nel mondo.
L’Unesco sotto la direzione Bokova ha preso iniziative importanti, fra le quali mi permetto di ricordare quella sulla protezione del patrimonio culturale nei territori di guerra, promossa dal Governo italiano che le è grato per questo supporto.
Conservare i monumenti, i manoscritti, le opere d’arte che la barbarie annienta con la stessa ferocia con cui annienta vite umane è essenziale al nostro futuro: ben sapendo che non sono gli eserciti o i droni che possono far tutto. È necessario anche uno sforzo di ricerca e su questo lei, Direttore Generale, sa di poter contare sull’Università per Stranieri, sul sistema universitario italiano e sull’Italia.
A lei, dunque, presentiamo da questa Università una proposta.
Vogliamo cogliere questa straordinaria occasione per proporre all’Unesco la disponibilità del mio Ministero a una stretta collaborazione con le università italiane, a partire da questa che oggi ci ospita, all’interno del programma Science for refugee dell’Unione Europea. Garantire la formazione sia ai rifugiati sia ai non rifugiati, che possano far rinascere la memoria di luoghi devastati dai conflitti, significa garantire un percorso di pace e stabilità duraturo.
Concludo rileggendo con lei, Direttore Generale, i due principi centrali del preambolo della Costituzione dell’Unesco: “[We declare] that the great and terrible war which has now ended was a war made possible by the denial of the democratic principles of the dignity, equality and mutual respect of men, and by the propagation, in their place, through ignorance and prejudice, of the doctrine of the inequality of men and races; [We declare] that the wide diffusion of culture, and the education of humanity for justice and liberty and peace are indispensable to the dignity of man and constitute a sacred duty which all the nations must fulfil in a spirit of mutual assistance and concern”.
La sua venuta in Italia e all’Università per Stranieri di Perugia, è un modo per dire che questi valori sono quelli cui si ispirano il nostro Paese, questa città, questa Università e che dunque Lei oggi viene accolta come una concittadina europea e come un’amica in casa di amici.
Stefania Giannini, Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
(19 febbraio 2016)