Aipac – Clinton ai leader palestinesi: “Basta istigare alla violenza”
È iniziata ieri sera la AIPAC Policy Conference, la più grande riunione di gruppi statunitensi a sostegno di Israele, a cui partecipano politici, attivisti, studenti, delegati dalle sinagoghe di tutto il paese e leader mondiali, organizzata dall’organizzazione American Israel Public Affairs Committee dal 20 al 22 marzo. Ogni anno vengono presentati progetti, svolte sessioni di approfondimento su vari argomenti, discussi i temi caldi dell’attualità e vissuti importanti momenti di confronto con leader americani e israeliani. Tra loro, quest’anno il vicepresidente Usa Joe Biden – intervenuto nel giorno di apertura – il presidente israeliano Benjamin Netanyahu, il leader dell’opposizione Isaac Herzog, e soprattutto – almeno per i quotidiani americani – la candidata alle primarie democratiche Hillary Clinton, e i candidati alle primarie repubblicane Ted Cruz e Donald Trump. Proprio Trump, atteso a parlare nelle prossime ore, è il personaggio che tutti aspettano di sentire. Dichiaratosi da tempo come un grande sostenitore di Israele, il magnate che con molta probabilità diventerà il candidato repubblicano alla Casa Bianca, ha diviso l’opinione pubblica ebraica negli Usa: le sue durissime affermazioni contro gli immigrati, la posizione ambigua assunta sul Ku Klux Klan (ha fatto il giro del mondo la risposta evasiva di Trump riguardo all’endorsment ricevuto da uno dei capi dell’organizzazione razzista americana) e le sue dichiarazioni riguardo al negoziato tra israeliani e palestinesi hanno creato molto rumore. Sull’ultimo punto citato, Trump, rispondendo a un giornalista, ha detto che da presidente rimarrebbe neutrale in caso di futuri colloqui di pace tra Israele e leadership palestinese. Un’affermazione criticata da Hillary Clinton, proprio in queste ore dal palco dell’Aipac: “abbiamo bisogno di mani ferme. Non di un presidente che dice che sarà neutrale di lunedì, filo-israeliano di martedì e chissà cosa di mercoledì”, l’affondo della candidata democratica che accusa Trump di avere posizioni ambigue su Israele. “Non tutto è negoziabile – ha continuato Clinton – La sicurezza di Israele non lo è”. In attesa della controffensiva del magnate di New York, capace in questi mesi di guadagnarsi a sorpresa la fiducia di migliaia di elettori repubblicani, la sempre più accreditata candidata alla Casa Bianca per i democratici ha continuato ad attaccarlo. “Fare gli evasivi con i suprematisti bianchi, chiedere di raggruppare e deportare 12 milioni di immigrati?”, l’interrogativo posto al pubblico da Clinton. “Abbiamo avuto capitoli bui nella nostra storia, ma l’America oggi dovrebbe essere migliore di così”. “Se vedete intolleranza, opponetevi; se vedete intolleranza, condannatela; se vedete un bullo, confrontatevi con lui”, le sue parole, in cui l’evocazione di Trump appare piuttosto chiara. Clinton ha poi tracciato una similitudine tra Israele e Stati Uniti: “entrambe le nazioni sono costruite da immigrati ed esuli – ha affermato – entrambi crediamo nella libertà, nel pluralismo e nell’uguaglianza. Sia Israele che gli Stati Uniti sono considerati come una luce per le nazioni grazie a questi valori. Nella storia di Israele, vediamo la nostra storia”.
Trump, abituato ad attaccare ed essere attaccato, dovrà difendersi anche dalle proteste fatte pervenire all’Aipac da parte di associazioni e organizzazioni ebraiche. Tra queste, è stata pubblicata una lettera aperta redatta da quaranta rabbini modern orthodox in cui si chiede a Trump di evitare di usare affermazioni razziste all’Aipac Policy Conference e di condannare il linguaggio dell’incitamento all’odio e della xenofobia. “Non c’è mitzvah ripetuta più spesso nella Torah che l’accoglienza nei confronti dello straniero”, hanno scritto i rabbini. “La storia ebraica stessa è la storia di esuli che cercavano rifugio – le loro parole – e da quando è diventato una nazione indipendente, Israele è orgogliosamente stata vicina e ha offerto il suo sostegno a popoli di ogni provenienza e cultura al momento del bisogno, da Haiti a Taiwan, dal Sudan al Nepal. La tradizione ebraica ci chiede di guardare oltre quello che ci separa e invece di mantenere il nostro sguardo concentrato sulla nostra umanità condivisa”.
L’inizio della conferenza ha coinciso per la Aipac anche con un’altra novità, legata a un cambio al vertice. A guidare il gruppo di pressione è infatti entrata in carica Lillian Pinkus, la prima presidente donna dal 2006. “Non penso sia un segreto per nessuno che il nostro ambiente politico oggi sia forse più polarizzato e più divisivo che in ogni altro momento nella storia recente”, ha affermato Pinkus. “In tale contesto, lavorare in modo equo e imparziale diventa difficile – la sua convinzione – ma anche una bella sfida”.
Ad aprire la Conferenza è stato il vicepresidente Usa Joe Biden che tra le altre cose ha affermato che “Di qualunque natura siano i disaccordi che i palestinesi possono avere con Israele, non esiste alcuna scusa per l’uccisione di innocenti o per il rimanere in silenzio di fronte al terrorismo”.
Sul fronte democratico fa invece rumore l’assenza all’Aipac di Bernie Sanders, socialista ebreo, grande sorpresa di queste primarie assieme a Trump ma – a differenza di quest’ultimo – senza molte speranze di poter battere Clinton. Sanders ha declinato l’invito, affermando di avere già altri impegni dettati dall’agenda elettorale.
(21 marzo 2016)