Qui Torino – Il futuro del Medio Oriente
tra sfide e complessità

Schermata 2016-05-10 alle 11.44.03Il direttore de La Stampa Maurizio Molinari torna al Circolo dei lettori per parlare di Medio Oriente, scenario più che mai in frenetico cambiamento, dove il fattore tempo viene schiacciato dagli eventi, dove la geopolitica è destinata all’instabilità perenne, dove ogni cambiamento genera un effetto domino con esiti difficili da prevedere in entità e durata.
Tema dell’incontro, organizzato tra gli altri da Emanuel Segre Amar (Gruppo Sionistico Piemontese) assieme alle Comunità ebraiche di Torino e di Vercelli e all’Agenzia Ebraica per Israele e a cui ha partecipato anche Ariela Piattelli, “l’integrazione delle minoranze”.
La chiave di lettura secondo Molinari va ricercata nel pensiero del presidente dello Stato ebraico Reuven Rivlin, fondato sul concetto di democrazia israeliana radicata che si traduce in pienezza di diritti a tutte le minoranze.
Cos’è rimasto oggi del negoziato per la fondazione di uno Stato palestinese? Molinari sostiene che il negoziato abbia subito una battuta d’arresto e si sia sostanzialmente arenato perché alla base vi sono due posizioni incompatibili: da un lato quella israeliana contraria allo smantellamento totale degli insediamenti (250 mila israeliani) a maggior ragione dopo l’esito di Gaza, caduta in mano ad Hamas. La controparte palestinese invece concorda con il diritto al ritorno dei profughi del 1948 e dei loro discendenti nei luoghi d’origine, perché qui luoghi sono sentiti di propria appartenenza familiare. Qualsiasi tipo di accordo si scontrerà sempre con questi due punti. È difficile che venga ammesso dalle leadership politiche perché ad oggi non c’è un’alternativa concreta. Se la politica non riesce a trovare un accordo, analizzando ciò che viene dal “terreno”, sostiene il direttore, emerge un’altro dato: la maggioranza di israeliani e di palestinesi sono favorevoli alla convivenza. Di fatto i due popoli hanno già accettato di convivere assieme: si tratta di forme di convivenza orientali, sul modello della città di Gerusalemme. Questa concezione di convivenza cozza con la visione di stato della cultura europea e occidentale. “Ciò che conta è arrivare alla convinzione di convivere, ma senza imporre canoni di convivenza occidentale”, conclude Molinari.
Come la questione Isis di innesta in questo quadro? “L’Isis è una minaccia più per i palestinesi che per gli israeliani”, spiega Molinari. La volontà dei sostenitori del Califfato è quella di radere al suolo gli oppositori e annettere nuovi territori. Il progetto jihadista cozza con il progetto di stato palestinese. “Il linguaggio che adoperano è sanguinoso, considerano le leadership palestinesi corrotte e infedeli”. Se il nazionalismo scende e il jihadismo sale, israeliani e palestinesi si trovano a condividere di fatto lo stesso nemico.
Piattelli mette sul tavolo un’altra questione: il disgelo d’Israele con la Turchia e il beneficio che trae l’Arabia Saudita in una prospettive di alleanza silenziosa. Molinari mette in luce l’anomala posizione dell’Arabia Saudita, al centro del conflitto tra sciiti e sunniti. In questa cornice di assedio tenta di aprire dei canali di comunicazione con lo Stato d’Israele. Una possibile conseguenza della convergenza tra Arabia Saudita e Israele potrebbe essere un nuovo ruolo dei sauditi come interlocutori degli israeliani con il popolo palestinese. “Attorno al riavvicinamento tra Arabia e Israele si aprono nuovi scenari da tenere attentamente sott’occhio”.
Altro scenario da monitorare è quello tunisino. La Tunisia acquista sempre più centralità per due motivi: innanzi tutto è l’unico stato assieme al Marocco ad avere nelle tradizioni la tolleranza per chi mussulmano non è e perché l’idea di cittadinanza prevale sull’idea di fede. Secondo  elemento: abbiamo il Califfato in Libia che tenta di conquistare il sud della Tunisia. La Tunisia rischia così di essere vittima del potenziamento del Califfato. Nuove variabili geopolitiche entrano in gioco, stravolgendo gli scenari e le carte geografiche come oggi le conosciamo. La sfida è comprendere in che direzione andrà il prossimo cambiamento.

Alice Fubini

(10 maggio 2016)