scuola e scienza – Gender gap tra i banchi
Il mondo della tecnologia ha bisogno delle donne. A lanciare questo grido d’allarme da Tel Aviv è una donna che il mondo della tecnologia contribuisce a governarlo. Si tratta di Safra Catz, amministratrice di Oracle, il colosso della Silicon Valley che produce tra i più famosi database management system (DBMS), sistemi di gestione di basi di dati, che ha lanciato un suo nuovo prodotto in Israele. “L’innovazione non avverrà mai senza una maggiore partecipazione delle donne – le sue parole, riportate dal Jerusalem Post – abbiamo bisogno di tutti, di quelli che sono i più interessati e i migliori. Non possiamo permetterci che metà della popolazione decida che non è interessata e che non lo farà“. E se le donne che lavorano nel mondo della tecnologia e della ricerca scientifica sono poche, il problema per lei è da risolvere alla radice, e cioè la scuola e l’università, dove già si nota una disparità. Per questo Oracle, all’interno dei suoi programmi di formazione universitaria, sta mettendo in piedi anche una scuola all’interno del suo campus principale per incoraggiare le ragazze a studiare le cosiddette materie “Stem” (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica). Per le quali, prima di volare fino alla Silicon Valley, anche in Italia si registra una differenza evidente già fra i banchi di scuola, che nelle aule universitarie si consolida ulteriormente. Secondo i dati del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, solo il 38% delle studentesse sceglie indirizzi legati a questi campi e quelle che lo fanno faticano a raggiungere i vertici delle professioni così come le sedi decisionali negli enti di ricerca pubblici.
“Senza i mezzi creativi e mentali di questa metà di popolazione, quella femminile, la società avrà delle difficoltà nel superare alcune delle sue maggiori sfide”, ha proseguito Catz, riferendosi a “problemi matematici, tecnici, e fisici che non sono ancora mai stati risolti”. Nata in Israele ed emigrata con la sua famiglia negli Stati Uniti all’età di sei anni, la cinquantacinquenne Catz, entrata a Oracle nel 1999, è una delle pochissime donne a capo di aziende tecnologiche della Silicon Valley, dove IBM, HP e Yahoo sono tra le eccezioni più note, e negli Stati Uniti la proporzione si aggira intorno al 4 percento. “Da giovane, non capivo completamente tutta questa ‘questione femminile’ perché frequentavo classi di matematica avanzata e io per prima mi trovavo la maggior parte delle volte a essere l’unica donna“, ha raccontato. “Questo non mi ha mai dato fastidio, non lo notavo nemmeno, e non frequentavo eventi per donne – ha proseguito – ma sbagliavo. In realtà è estremamente importante, perché le persone in generale spesso sono a disagio quando sono le uniche con una certa caratteristica, e di conseguenza rinunciano prima ancora di aver raggiunto il loro potenziale più alto“.
Come ha sottolineato Catz, è tra i banchi di scuola che si consuma il gap dell’universo hi-tech, ancora prima che all’università. Questo si nota anche in Italia: un articolo di Repubblica sottolinea come ad esempio in Italia le ragazze compaiano di rado sulle liste delle Olimpiadi di Matematica e Fisica. E registrino punteggi inferiori ai maschi nella parte del test Ocse-Pisa che misura la capacità di “pensare come uno scienziato”, battute dai coetanei con 24 punti di distacco, contro una media Ocse di 16. Secondo i numeri reperibili sul sito del Ministero dell’Istruzione, nel periodo 2013 e 2014 le matricole donne hanno raggiunto quota 79% negli atenei di tipo umanistico. Mentre l’indirizzo scientifico ha conquistato solo il 38% di ragazze, a fronte del 62% di uomini. I dati testimoniano un rialzo rispetto a dieci anni prima, nell’anno accademico 2003 e 2004, ma il divario è ancora alto.
“È necessario fare una distinzione tra le discipline scientifiche che si occupano della cura della vita, per esempio ingegneria biomedica o medicina, dove la presenza femminile è spesso massiccia e le scienze cosiddette hard, come informatica, ingegneria meccanica e così via”, ha quindi spiegato a Repubblica la fisica Patrizia Colella, che segue tematiche relative alla formazione per l’Associazione Donne e Scienza. La percentuale è la medesima da 15 anni a questa parte, con il 30% a fisica, il 18% a ingegneria, il 15% a informatica. Secondo Colella, il problema è che si instaura un circolo vizioso: il fatto che ci siano poche donne in questi settori inibisce le nuove reclute a intraprendere percorsi del genere. D’altro canto però esiste anche un problema di tipo culturale, perché “spesso la tecnologia non è presentata con caratteristiche che le possono interessare” ma anche perché esistono degli stereotipi difficili da sradicare. Chiedendo ad alcuni insegnanti di descrivere uno studente e una studentessa bravi in matematica, l’Associazione Donne e ha riscontrato tra gli aggettivi associati ai primi parole come “geniali”,”brillanti”, mentre tra quelli scelti per le seconde “studiose”, “serie”. “In altri termini noiose”, ha sottolinetao la ricercatrice. “Si tratta di preconcetti impliciti che non sono cambiati negli ultimi anni e di cui ormai non ci rendiamo conto”.
Francesca Matalon
(13 maggio 2016)