Oltremare – Prospettiva
Uno dei vantaggi di scrivere di Israele da Israele è che basta aprire la finestra e l’aria è indubitabilmente israeliana, specie in questa stagione di ondate di chamsin toglifiato, quando sembra che il cielo si sia trasformato nottetempo in un immenso asciugacapelli che nessuno sa come spegnere, e non c’è verso di staccare la spina. Restando prudentemente immersi nel clima meteorologico, politico e sociale, è fin troppo naturale scrivere cose israeliane senza fatica. In questi giorni invece mi trovo in una nuova prospettiva, immersa in una appena tiepida e poco soleggiata primavera italiana, a parlare di Israele dall’Italia, senza il riferimento tattile abituale.
E come nella nota barzelletta ebraica del buon ebreo che vuole trasgredire il sabato e dice vedi, tutto intorno è shabbat, ma qui accanto a me è giovedì, nel mio caso tutto intorno è Italia, ma accanto a me è Israele.
Che io voglia o no, il fatto di essere in Italia mi rende a tutti gli effetti un media ambulante, cui si fanno domande e da cui si pretendono risposte. Non si conta il fatto che dalle mie parti basta non sentire i notiziari orari per 24 ore per entrare in un vacuum informativo incolmabile al rientro. Tutto è veloce, dalle crisi politiche interne alla politica internazionale. Erdogan avrà deciso se le relazioni diplomatiche con Israele gli convengono o no? Perchè Bibi e Boogie (primo ministro e ministro della difesa) stanno di nuovo litigando? Cosa è venuto in mente ai palestinesi di marcare il Nakba Day, che ricorda la fondazione dello Stato d’Israele dal loro lato, con una sirena? D’accordo, una sirena lunga 68 secondi, un secondo per ogni anno che è passato da quando si son ritrovati con chiavi che non aprono nessuna porta. Ma una sirena, andiamo. È la cosa più israeliana disponibile sul mercato della memoria.
In questi giorni italiani mi accompagna un momento di silenzio al Ben Gurion airport, rotto da una bambina di tre o quattro anni che giocando sul pavimento ha iniziato a cantare l’Hatikva. Una piccola sabre, inconsapevole e allegra, ecco l’Israele che sta tutta intorno a me, e un passo più in là è già Italia.
Daniela Fubini, Tel Aviv
(16 maggio 2016)