Muhammad Ali, Israele, gli ebrei
“A complicated relationship”

Schermata 2016-06-05 alle 13.18.12Aveva tanti amici, ma anche alcuni nemici. “A complicated relationship” scrive Haaretz nel ricordare i rapporti di Muhammad Ali con il mondo ebraico. Della leggenda della boxe scomparsa ieri, convertitasi nel 1964 all’Islam, erano infatti note le posizioni critiche nei confronti di Israele e della sua politica in Medio Oriente oltre a una certa ostinazione nel vedere “i sionisti” al timone dei destini dell’umanità intera.
“Il potere è sionista. Controllano l’America, controllano il mondo. Sono contro l’Islam” dice Ali durante una visita in India per promuovere il boicottaggio dei Giochi Olimpici di Mosca citata dall’autorevole quotidiano israeliano. E ancora, visitando qualche anno prima un campo profughi nel sud del Libano, dichiara: “A titolo personale e a nome di tutti i musulmani d’America mi esprimo a favore della lotta palestinese per la liberazione dall’invasore sionista”.
Parole forti, che non mancarono di suscitare polemiche. Ma che hanno comunque finito per stemperarsi negli anni della vecchiaia e di una malattia che si è fatta sempre più invadente ed egemone. Ma anche gli anni in cui Mohammad è diventato nonno di un bambino ebreo, Jacob, nato dall’unione della figlia Khaliah Ali con Spencer Wertheimer.
Una scelta accolta con profondo rispetto, ha spiegato Khaliah, che in passato non ha mancato di ricordare la partecipazione del padre alla cerimonia di bar mitzvah, la maggiorità religiosa ebraica, acquisita da Jacob nel 2012. “Mio padre è sempre stato al nostro fianco, in ogni modo. Ha seguito la cerimonia con attenzione, si è avvicinato con rispetto alla Torah. Per mio figlio – ha spiegato – questo ha significato molto”.
Una sensibilità che Haaretz mette in relazione con le parole pronunciate da Ali prima di accendere la torcia olimpica dei Giochi di Atlanta del 1996.
“Non importa quale religione tu segua, se sei una brava persona il Signore sarà al tuo fianco. Musulmani, cristiani ed ebrei servono lo stesso Dio. Lo facciamo soltanto in modi diversi” sosteneva Ali. “Chiunque creda nell’unico Dio – aggiungeva poi – dovrebbe farlo nella convinzione che siamo tutti parte della stessa famiglia. Ciascuno di noi deve impegnarsi per andare d’accordo con il prossimo”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(5 giugno 2016)