Israele – Rivlin alla festa di fine Ramadan
“Ebrei e musulmani, serve unità
contro i terroristi e chi li istiga”
“Un futuro di collaborazione, comprensione e rispetto reciproco, e di pace”. È quello auspicato dal presidente israeliano Reuven Rivlin, nell’accogliere ieri nella residenza presidenziale a Gerusalemme alcuni leader comunitari musulmani e diplomatici di Egitto, Giordania, Uzbekistan e Turchia insieme ad alcuni alti ufficiali israeliani per una cena tradizionale dell’Iftar, il pasto serale che rompe il digiuno del Ramadan. Un momento all’insegna del dialogo e della convivenza, durante il quale Rivlin ha incoraggiato l’incremento di progetti condivisi tra ebrei e arabi in Israele, cogliendo l’occasione per fare un appello a far fronte comune contro la minaccia terroristica. “Non possiamo, in quanto leader, ignorare le parole al vetriolo e gli incitamenti all’omicidio, nessuno di noi può rimanere in silenzio o mancare di prendere una posizione inequivocabile”.
Per Rivlin, è necessario che i leader delle comunità ebraica e islamica colgano “ogni opportunità per far sentire la vostra voce unita e netta. Più forte, più coraggiosa e più chiara sarà – ha detto rivolgendosi a loro – maggiore sarà il numero di forze sempre più vitali che si uniranno a esse, dal cuore di entrambe le società. Sulle nostre spalle pesa il compito di continuare a costruire, ogni giorno, la fiducia e i ponti tra noi”. Una necessità ancora più impellente in questi giorni, nei quali nel corso di poche ore in Israele sono rimasti vittime del terrorismo la giovanissima Hallel Yaffa Ariel, tredicenne pugnalata mentre dormiva nel suo letto a Kiryat Arba giovedì mattina, e il rav Miki Mark, ucciso venerdì in un attentato nei pressi di Hebron mentre era a bordo della sua auto, assieme alla moglie e a due figli. “In questi giorni sanguinosi, non solo non abbiamo sentito le voci della leadership palestinese in alcuna forma, ma ancora peggio, abbiamo sentito voci di supporto agli assassini e alle loro famiglie”. Per Rivlin fermarli è invece una “responsabilità della leadership ma anche della società palestinese”, e per questo è ancora più impellente rompere il silenzio. “Dobbiamo continuare coraggiosamente a costruire un sentiero comune, a porre una per una tutte le mattonelle che lo compongono – l’appello di Rivlin – e dobbiamo farlo per noi, per i nostri figli e per il bene dei loro figli. Non abbiamo nessun’altra opzione”.
(4 luglio 2016)