Regno Unito, Johnson agli Esteri “Da stupidi boicottare Israele”
Tra le tante cose per cui è noto Boris Johnson, il nuovo ministro degli Esteri britannico, vi sono sicuramente le sue posizioni a favore d’Israele. L’ex sindaco di Londra nonché uno dei più attivi sostenitori dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, ha infatti dimostrato in passato il suo sostegno nei confronti dello Stato ebraico, definito come la “realizzazione di generazioni di battaglie”. Johnson, considerato un uomo eccentrico (al di là della capigliatura platinata), spesso politicamente scorretto e al contempo molto colto, dopo il risultato del referendum sulla Brexit sembrava il candidato più forte a sostituire l’ex Premier David Cameron. Secondo alcuni analisti inglesi, Johnson aveva appoggiato l’uscita dall’Unione europea della Gran Bretagna proprio per mettere in crisi la leadership di Cameron. A obiettivo raggiunto però – con annesse dimissioni di Cameron, favorevole al Remain -, l’ex sindaco di Londra aveva fatto un passo indietro, attirando su di sé molte critiche (alcune irripetibili, come quelle raccolte in un colorito tweet dell’attore scozzese Ewan McGregor). Accusato di essere un codardo dai suoi avversari per la scelta di non candidarsi a Primo ministro nel dopo Brexit, Johnson ieri (a sorpresa) è stato scelto dalla nuova Premier Theresa May come capo della diplomazia britannica.
Per Israele un Johnson agli Esteri appare come una notizia positiva. In particolare sul fronte della lotta al movimento filopalestinese del Bds (che sostiene il boicottaggio di Israele), contro cui il governo del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sta investendo molto. Il boicottaggio delle merci israeliane è “una completa follia” ed è sostenuto da “accademici britannici sinistroidi in giacca di velluto”, la posizione di Johnson, espressa pubblicamente lo scorso novembre in un incontro all’università di Tel Aviv. “Non riesco a pensare a qualcosa di più stupido” che al boicottaggio, aveva aggiunto, di “un paese che a conti fatti rappresenta l’unica democrazia nella regione, l’unico posto che ha, a mio avviso una società aperta e pluralista”. Motivo del viaggio in Israele di Johnson, allora sindaco di Londra, rafforzare la cooperazione tra la City e lo Stato ebraico, in particolare sul fronte del high-tech. Era però previsto anche un incontro in Cisgiordania, saltato a causa dei citati commenti sul Bds fatti a Tel Aviv. Diversi gruppi palestinesi infatti avevano reagito alle parole di Johnson, rifiutandosi di incontrarlo mentre l’Autorità palestinese avevano portato a rischi per la sicurezza della sua visita nella West Bank. Johnson aveva comunque incontrato il premier dell’Anp Rami Hamdallah.
Tra i luoghi visitati nel corso del viaggio dello scorso novembre, il cinquantaduenne neoministro agli Esteri britannico aveva fatto tappa al Muro Occidentale, a Gerusalemme. Qui, parlando con il rabbino Shmuel Rabinowitz (a cui è affidata la gestione del luogo), aveva dichiarato di avere dei legami ebraici da parte di madre, “dalla mia famiglia proveniente da Mosca. Alcuni di loro erano rabbini”.
Anglicano, entrato nel 2001 in Parlamento nelle file dei conservatori, Johnson è stato un giornalista del Time – prima di essere allontanato, riporta il Times of Israel, per aver inventato delle citazioni – per poi passare al Daily Telegraph come vicedirettore e poi ottenere la direzione dello Spectator. Nel 2004 è stato eletto per la prima volta sindaco di Londra per poi essere riconfermato una seconda volta. Tra le cose che si ricordano del suo mandato, la battaglia contro la criminalità, la reintroduzione del latino a scuola (è un appassionato della Roma antica e diverse volte ha fatto citazioni in latino), l’impegno ad aumentare le biciclette nella City. “In passato – scrive il Post – ha espresso giudizi offensivi nei confronti degli omosessuali (“malati”), dell’islam (“religione d’odio”) e del multiculturalismo. Pian piano poi ha ammorbidito le sue posizioni”.
Daniel Reichel
(14 luglio 2016)