Oltremare – Tarantole
Non sono una appassionata di National Geographic, ma mi è capitato un paio di volte di vedere documentari, di solito noiosissimi, sui riti di guerra o di predominio del territorio di animali vari, dai leoni alle tarantole, passando per stambecchi e shimpanze. Ecco, il mio primo pensiero associativo quando vedo un combattimento judo è con l’attacco di una tarantola. Una cosa veloce e quasi del tutto incomprensibile, che passa per una danza a parecchi piedi e finisce con un animaletto stecchito a terra. Visto al rallentatore, si vede benissimo che la tarantola sferra il suo attacco entrando in contatto con l’avversario e avviluppando una o due zampe intorno al malcapitato, una o più volte, finchè questo non è immobile.
Ora non che il judo sia così definitivo, anzi, i due giocatori si rialzano e si salutano alla fine della partita, anche se uno ha vinto e l’altro ha perso. È la rapidità dei movimenti, e il fatto che non li so leggere, che mi fa fare questo paragone. Ma se voglio continuare la mia vita di israeliana consapevole e aggiornata, credo che dovrò trovare qualcuno che mi spieghi almeno le regole base dello judo. Perchè sembra che Israele, per due settimane ogni quattro anni, sia un paese di judoki: tutti che sanno un sacco di parole strane che suonano giappponesi.
Quest’anno intanto, comincio con il festeggiare due medeglie di bronzo nel judo, una femminile e una maschile. Una andata liscia e una con polemica di passaggio causa egiziano battuto che non ha stretto la mano al nostro “gigante buono” in bianco e azzurro. Gran titoli, grande dispetto per quella stretta di mano mancata. Ma poi nessun titolo per il gigantino Roy Meyer, che uscendone battuto per la prima volta da sei anni, con tutto che arrivava a Rio con l’Oro di Londra, ha avuto ottime parole per il nostro Or Sasson.
Anche con lo sport da tarantole, a volte si potrebbe guardare di più ai successi e allo sport vero, e mandare al dimenticatoio tutto il resto.
Daniela Fubini, Tel Aviv twitter @d_fubini
(15 agosto 2016)