L’atteso vertice tra i due dopo le critiche Usa
Netanyahu-Obama, l’ultimo incontro

obama-netanyahuL’attesa non è tanto per il discorso all’Onu di domani, ma per l’imminente incontro vis-a-vis con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Il Primo ministro Benjamin Netanyahu è in arrivo a New York per l’Assemblea delle Nazioni Unite ma l’appuntamento più importante è il vertice, probabilmente l’ultimo, con l’inquilino della Casa Bianca. Il Premier immaginava, dicono i media israeliani, cosa avrebbe potuto dire Obama nel suo discorso al Palazzo di vetro dell’Onu e così quella frase pronunciata ieri – “Israele non può occupare permanentemente i territori palestinesi” – non è stata una sorpresa. Quello che preoccupa Netanyahu, spiegano gli analisti, è cosa farà Obama dopo le elezioni presidenziali di novembre e fino al 20 gennaio 2017, quando lascerà dopo dieci anni l’incarico al suo successore (o la democratica Hillary Clinton o il repubblicano Donald Trump). In questo periodo infatti il presidente Usa potrebbe imprimere una nuova direzione alla gestione della questione israelo-palestinese e non in favore del governo di Gerusalemme. Le avvisaglie ci sono tutte come dimostrano le dichiarazioni di Ben Rhodes, consigliere alla Sicurezza di Obama, che martedì ha parlato della preoccupazione dell’Amministrazione Usa per il proseguo nella costruzione di insediamenti israeliani e dei timori per “la potenziale realizzazione di uno Stato palestinese a fronte di questa attività di insediamento”. “È un tema che abbiamo posto direttamente al governo israeliano – ha affermato Rhodes – e sono sicuro che lo farà anche il presidente Obama”.
Affermazioni rincarate dalla posizione espressa, e duramente criticata da Israele, dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon – anche lui oramai a fine mandato – che ieri ha parlato di “dieci anni persi per la pace. Dieci anni persi a causa dell’espansione degli insediamenti illegali. Dieci anni persi a causa della divisione tra i palestinesi, dell’aumento delle polarizzazioni e della disperazione”.
“Invece di concentrarsi su terrorismo palestinese e l’incitamento alla violenza, e invece di costringere Mahmoud Abbas (leader dell’Autorità nazionale palestinese) a tornare al tavolo dei negoziati, il segretario generale ha scelto di criticare Israele, ancora una volta”, la risposta dell’ambasciatore israeliano all’Onu Danny Danon alle parole di Ban Ki-moon. Netanyahu, ha spiegato alla radio dell’esercito israeliano Danon, ha più volte dimostrato la sua disponibilità per la riapertura dei negoziati e per un incontro con il leader dell’Anp che invece, denuncia Danon, continua a negarsi e a incitare all’odio contro lo Stato ebraico (Abbas, riportano i media, questa settimana ha definito un “martire” l’attentatore di origine giordana, ucciso pochi giorni fa mentre cerca di colpire degli agenti di polizia israeliani a Gerusalemme).
La decisione di inviare Hanegbi alla conferenza con un pacchetto di benefici ai palestinesi è un cambiamento nella politica per il governo Netanyahu. L’attuale situazione di stallo nei negoziati e la paura di pressione politica ha contribuito a Israele di rispondere generosamente a progetti precedentemente opposti.

Daniel Reichel

(21 settembre 2016)