JCiak – Verso un Oscar che parla arabo

Un anno fa il candidato d’Israele agli Oscar, il delicato Baba Joon ambientato nel mondo degli immigrati iraniani, parlava farsi. Stavolta la scelta si fa per molti versi ancora più radicale, perché gli Academy Awards vedranno schierato un film tutto dialogato in arabo. L’ultima edizione degli Ophir, che una settimana ha premiato i migliori film israeliani dell’anno, ha infatti decretato il trionfo di Sand Storm dell’israeliana ebrea Elite Zexer, storia drammatica di due donne alle prese con i riti e i pregiudizi della società patriarcale in un villaggio beduino del Negev. È la prima volta che un film in arabo vince l’Ophir com’è la prima volta che un lavoro di questo livello esplora la realtà spesso marginalizzata della comunità beduina.
Sand Storm, che si era già portato a casa il Gran Jury Prize al Sundance Festival, l’ha spuntata su candidature di tutto rispetto tra cui il dolceamaro One Week and a Day di Asaph Polonsky, vincitore del Jerusalem Film Festival, Our Father di Meny Yaesh, Beyond the Mountain and Hills di Eran Kolirin, dedicato alla crisi di coscienza di un veternano e Through the Wall, tenera storia di un donna alla ricerca del suo sposo firmato dalla regista ortodossa Rama Burshtein.
La vicenda e l’ambientazione sono d’altronde eccezionali. Il deserto, filmato in modo meraviglioso, fa da sfondo al dramma di Jalila (Ruba Blal-Asfour) costretta dalla tradizione ad accettare che il marito prenda una seconda moglie mentre vede la figlia Layla (Lamis Ammar) avviata al medesimo destino.
La donna fa di tutto per evitare alla ragazza, cresciuta con tutti i vantaggi del mondo contemporaneo – la patente, il cellulare, un’educazione e perfino un flirt con un compagno di scuola – il matrimonio che il padre le ha combinato con uno sconosciuto. E in questo scontro tra vecchio e nuovo, sentimenti e tradizione, soggettività, famiglia e appartenenza comunitaria, si snoda la tragedia antica di due donne intrappolate dalle regole di un mondo retto dagli uomini.
Una delle scene più belle del film vede Jalila vestire un paio di baffi finti alla festa che accoglie la seconda moglie del marito. Quei baffi segnalano al tempo stesso forza e vulnerabilità di una donna che può forse accettare una vita in secondo piano ma non tollera di veder finire in trappola anche sua figlia.
Elite Zexer, qui al suo debutto, è la seconda donna negli ultimi tre anni a rappresentare Israele agli Oscar dopo Ronit Elkabetz che aveva firmato “Ghett” insieme al fratello Shlomi. Tra il 2007 e il 2011 Israele ha ottenuto quattro nomination agli Oscar, con Beaufort, Valzer con Bashir, Ajami e Footnote. Malgrado dieci nomimations negli ultimi 52 anni e una vitalità cinematografica che ha dell’eccezionale, l’ora dell’Oscar però non è ancora scoccata.

Daniela Gross

(29 settembre 2016)