L’Italia prende esempio da Israele Il segreto di salvare le vite
Quanto è pronto il nostro sistema sanitario a gestire un possibile attacco terroristico? Tra gli addetti ai lavori la riflessione è in corso: sebbene nessuno metta in dubbio la qualità delle cure offerte dal 118 e dai nostri ospedali, c’è chi crede che, con qualche correttivo, la gestione di una maxi-emergenza potrebbe migliorare. «Se il 118 fosse organizzato sul piano nazionale e non regionale o provinciale come oggi, ci sarebbero modelli comportamentali e di risposta unici, da Nord a Sud, con cui trattare le vittime. Adesso, invece, rischiamo che il paziente che in un luogo ha la priorità, in un altro non ce l’abbia», ragiona Mario Raviolo, direttore della Struttura complessa «Maxiemergenza 118» della Regione Piemonte.
Il modello da seguire – sostiene – è quello di Israele, nazione che ha imparato a convivere con l’incubo-attentati e che ha una lunga esperienza nella gestione delle maxi-emergenze. A questo tema caldo è stato dedicato il primo seminario italo-israeliano, che, dal 18 al 21 settembre scorsi, ha portato a Saluzzo, in provincia di Cuneo, medici dell’esercito israeliano ed esperti in sicurezza degli ospedali, oltre a Eilat Shinar, la direttrice della Banca del sangue locale, e ad alcuni rappresentanti dell’Mda, il Magen David Adom, vale a dire il 118 di Israele. «Abbiamo circa 2 mila dipendenti e 15 mila volontari», racconta Felix Lotan, paramedico, responsabile dell’Mda nella regione di Gerusalemme. «Tutti – aggiunge – seguono lo stesso corso di formazione e ovunque viaggiano gli stessi mezzi. C’è l’ambulanza di base, per i codici bianchi e verdi, e quella con i paramedici, per le missioni più gravi, con il necessario per intubare il paziente o per svolgere operazioni sul posto».
In Italia è differente. «Non possiamo mai dare per scontata la dotazione di un’ambulanza, a seconda della Regione in cui si opera – spiega Raviolo -. A ciò si aggiunge la differenza tra i protocolli operativi in caso di maxi-emergenza. Questo fa sì che la risposta sanitaria possa cambiare da zona a zona». E c’è anche dell’altro. In Israele gli operatori del 110 – è questo il numero di emergenza – sono sottoposti a training continui per migliorare le proprie performance. «Ci prepariamo ad affrontare ogni tipo di situazione: dal grande incidente stradale all’attacco terroristico fino a una guerra batteriologica», racconta Lo-tan. In questo caso un ospedale israeliano sarebbe in grado di trasferire rapidamente pazienti e macchinari nel proprio parcheggio, trasformando l’area in reparti e ambulatori. Succede ad Haifa.
Dopo l’assistenza d’urgenza, poi, quella ospedaliera è l’altro grande capitolo, quando si verifica un maxi-incidente. «In Italia, purtroppo, non esiste una legge che impone alle strutture sanitarie di dotarsi di un “Peimaf”, cioè di un piano d’emergenza interna per fronteggiare un massiccio afflusso di feriti, in cui sia indicato, per esempio, quanto e quale personale dev’essere richiamato in servizio, come dev’essere organizzata la catena di comando e quali spazi vanno riconfigurati, oltre a come svolgere l’accettazione dei pazienti e la gestione di quelli da dimettere per liberare letti. Di conseguenza non abbiamo una norma che impone di fare simulazioni pratiche per testare la validità dei piani», rivela Raviolo.
«In caso di maxi-emergenza – insiste il medico – un “Peimaf” ben studiato e condiviso, del quale tutti gli operatori sono informati e con il quale sono stati formati, è l’unico modo per rispondere in modo efficiente ed efficace. I piani devono essere flessibili, adattabili a tutte le situazioni e patologie che possono prospettarsi, nonché facilmente applicabili. Senza regole si rischia il caos». Non succede all’ospedale Shaare Zedek di Gerusalemme, dove lavora Ofer Merin, esperto in traumatologia: «In caso di incidenti di massa l’ospedale è diviso in sezioni, ciascuna con a capo un medico che coordina uno staff. Ognuno sa cosa fare e per tenerci pronti facciamo due-tre simulazioni all’anno»
Lorenza Castagneri, La Stampa Tutto Scienze, 5 ottobre 2016
(9 ottobre 2016)