Il Terzo millennio cinese
Ci sono molte terre lontane che non lo sono più, e la Cina ne è forse l’esempio più importante: per la sua vastità, popolazione, rilievo politico-economico. Il Gigante Asiatico oggi è qui per davvero, molti anni dopo l’annuncio cinematografico di Bellocchio (La Cina è vicina – 1967 ), che peraltro rispecchiava il momento ideologico italiano di allora, più che la natura del Paese nel titolo.
La Cina è la culla di una tradizione, di una cultura e di una prassi millenaria che per ancora troppi qui in Italia ha solo sapore esotico; non basta andare al cinema, o citare – spesso senza esattezza – il detto di Confucio o LaoTze che leggiamo su qualche magazine. Siamo, al solito, pressapochisti. Ed è un male, come ogni volta in cui – ormai capita ogni giorno – ci troviamo a contatto con culture tanto lontane e poco studiate da spaventarci. Ne dovremmo saper qualcosa noi che quasi ogni giorno, purtroppo, assistiamo con raccapriccio e timore alle incomprensioni che il mondo non ebraico ci dimostra, anche – ma non solo – per ignoranza. Ma lo capisco, entrare nella mente cinese è difficile per chi non si è fermato abbastanza a leggere i libri, a guardare con attenzione le immagini, o a ascoltare la musica che la Cina ha prodotto, e continua a produrre, da millenni; ci limitiamo ad andare a mangiare ‘dal cinese’, e magari ordiniamo sempre gli stessi piatti…, o gli stessi numeri!
Da molti anni un sinologo francese, ampiamente pubblicato in Italia – François Jullien – scrive libri che possono aiutare a ‘entrare’ nel pensiero e nella tradizione cinese.
L’ultimo, appena tradotto per Feltrinelli da Emanuela Magno, ha per titolo: Essere o Vivere – Il pensiero occidentale e il pensiero cinese in venti contrasti.
L’approccio metodologico di Jullien è lo stesso da sempre, dai primi eccellenti testi degli anni Novanta del secolo scorso in poi: confrontare. Lui stesso, nella prefazione di questo libro-summa, comprensibile anche ai non esperti, scrive:
“(…) Non credo si possa iniziare, da Occidente, con il ‘presentare’ il pensiero cinese in modo diretto o frontale: non credo che si possa riassumerlo (…) perché si resta fatalmente dipendenti – senza sospettarlo – dalle scelte implicite della propria lingua e del proprio pensiero (…). Per uscire da questa aporia la sola strategia che vedo è quella di organizzare, passo dopo passo il confronto, in modo laterale (…) strada facendo”.
Procedendo infatti per opposizioni di parole (Propensione/Causalità – Disponibilità/Libertà – Tenacia/Volontà – Coerenza/Senso – Regolazione/Rivelazione, e molte altre coppie) lo studioso francese ci fa staccare dai nostri pre giudizi linguistici e ci dispone all’attenzione delle parole che incarnano alcune delle fondamenta del pensiero cinese.
Non diventeremo saggi mandarini, non capiremo tutto della cultura e del pensiero cinese (i maggiori sinologi del mondo lo ammettono senza problemi: non è davvero del tutto possibile, forse nemmeno per i cinesi stessi…), ma non prenderemo più cantonate, non faremo più errori da matita rossablu sul tema; soprattutto realizzeremo le ragioni chiare e occulte di un fatto sempre più evidente: questo Terzo in cui viviamo è il Millennio Cinese.
Valerio Fiandra
(13 ottobre 2016)