J-Ciak – Alla regia c’è Bob Dylan
C’è chi, come Barbra Streisand, si è destreggiato fra musica e grande schermo per un’intera carriera, facendo man bassa di premi. E chi, come Bob Dylan, con la sua musica si è aggiudicato addirittura un Nobel – se poi lo accetterà è tutto un altro discorso – ma con il cinema non riesce a fare centro. Non per mancanza di interesse, perché fin dagli anni Sessanta ci prova a ripetizione, alternando i panni di regista, attore, sceneggiatore e sperimentando il mezzo in mille modi. Ma la scintilla non scocca e l’amore non è del tutto corrisposto.
Il primo buco nell’acqua ha dell’incredibile. Dylan è all’apice del successo, quando si cimenta alla regia con le riprese del tour inglese del 1966, girate da D.A. Pennebaker, che dovevano documentare il passaggio dal folk acustico al rock’ roll. Scontento del montaggio fatto da Pennebaker, riassembla il tutto in Eat the Document (1972).
Il montaggio, avant-garde e lievemente allucinato, intercala riprese delle prove e delle esibizioni a scene di pura fiction. È talmente complicato che Abc, che l’aveva commissionato, lo rifiuta perché di difficile comprensione per il grande pubblico. Il lavoro, in cui si vede Dylan duettare al piano con Johnny Cash e andare in giro in limousine perdutamente ubriaco con John Lennon, sarà proiettato solo per poco a New York e uscirà dalla circolazione.
Non va meglio con Renaldo e Clara (1978). Dylan scrive il film con Sam Shepard e lo interpreta con la prima moglie Sara e Joan Baez. Non è al suo debutto attoriale, perché quello era arrivato con The Madhouse on Castle Street (1963), lavoro televisivo della BBC in cui aveva una piccola parte nel ruolo del musicista Bobby che chitarra alla mano sottolineava in musica alcuni momenti dell’azione. Considerato che i master sono andati al macero molti anni fa, quell’interpretazione resterà per sempre nel regno del possibile.
A giudicare da Pat Garrett and Billy the Kid (1973) di Sam Packinpah, in cui Dylan aveva interpretato un gangster di poche parole e scritto una meravigliosa colonna sonora, tra cui svettava Knockin’ on the Heaven’s Door, la recitazione non sembra però nelle sue corde.
Di fatto Renaldo e Clara ci consegna un tour de force lungo quattro ore, in cui Dylan rimescola riprese di concerti, interviste, animazioni che riflettono le sua canzoni e la sua vita sul filo di uno script che tende all’improvvisazione più che all’organizzazione. La sua fama non ce la fa a tenere a galla le ambizioni cinematografiche. Malgrado la presenza di nomi con Allen Ginseberg, Arlo Guthrie o Joni Mitchell, il lavoro esce di circolazione dopo poche settimane.
Le recensioni non migliorano con Hearts of Fire (1987), film musicale con Dylan, Fiona Flanagan e Rupert Everett. Il lavoro è di nuovo incentrato sulla carriera di Dylan ma non sta in piedi. Passerà alla storia come “il film che ha ucciso Richard Marquand”. Il regista, che in passato aveva diretto Il Ritorno dello Jedi, muore lo stesso anno di un attacco di cuore.
Ancora peggiore, se possibile, l’accoglienza per Masked and Anonymous (2003), diretto da Larry Charles. In scena sfilano Bob Dylan, anche co-autore della sceneggiatura, insieme a un cast stellare che annovera John Goodman, Jeff bridges, Penelope Cruz, Val Kilmer, una provocante Jessica Lange, Luke Wilson, Angela Bassett, Ed Harris e tanti altri. Il film racconta la storia di un musicista, lo stesso Dylan, che uscito di prigione prova a rimontare con l’aiuto di un impresario senza scrupoli. Il New York Post lo definirà “un ottimo candidato per il titolo di peggiore film del secolo”.
Daniela Gross
(27 ottobre 2016)