Shimon Peres, l’economista

aviram levy 2I media di tutto il mondo hanno ricordato l’enorme contributo che Shimon Peres – scomparso lo scorso 28 settembre – ha dato allo Stato di Israele, di cui è stato uno dei padri fondatori, in particolare in campo politico e militare. Pochi commentatori hanno sottolineato l’importantissimo ruolo svolto da Peres anche nel creare le condizioni per fare di Israele un’economia avanzata, con elevati tassi di crescita e benessere diffuso.

Innanzitutto, a metà degli anni ottanta Peres fu come Primo Ministro uno degli artefici delle riforme che permisero di debellare l’iperinflazione che aveva colpito l’economia israeliana: le spese militari rese necessarie dall’infausta guerra del Libano lanciata nel 1982 avevano provocato un elevato deficit dello Stato, che era stato finanziato stampando moneta, con l’effetto di generare un tasso di inflazione che nel 1985 aveva raggiunto il 500 per cento l’anno e si era accompagnato a una fortissima svalutazione della moneta. Per stabilizzare il cambio e i prezzi il governo Peres (in “staffetta” con Shamir, in un governo di unità nazionale) aveva concordato con le parti sociali e con il Fondo monetario internazionale (la cui delegazione era guidata da Stanley Fischer, che vent’anni dopo sarebbe diventato Governatore della Banca centrale di Israele) un “Programma di stabilizzazione”, ossia un ambizioso pacchetto di misure e di riforme, incentrate sulla de-indicizzazione dei salari e sull’aumento della concorrenza e della produttività dell’economia.

È opinione condivisa che fu questo Programma a creare le basi per trasformare Israele nel giro di pochi anni da un’economia pianificata e a bassa crescita, dipendente dall’estero, in un’economia dinamica, con elevati tassi di sviluppo e con un contesto favorevole agli investimenti e all’attività imprenditoriale. Questa trasformazione avrebbe poi creato le condizioni, alla fine del decennio successivo (fine anni novanta), per il boom del settore delle nuove tecnologie. Il passaggio da un’economia “socialista” a una “capitalistica” ha comportato un costo non trascurabile, in termini di aumento delle diseguaglianze sociali, ma è indubitabile che nel suo insieme ha permesso un aumento del tenore di vita di una grossa fetta della popolazione e una autosufficienza economica del paese: non va dimenticato infatti che fino alla fine degli anni Novanta Israele dipendeva dagli aiuti economici degli Stati Uniti e dal sostegno finanziario dell’ebraismo diasporico, mentre oggi non è più così.

Questo “filo rosso” di attenzione all’economia che ha caratterizzato la lunga carriera politica di Peres lo si ritrova negli ultimi anni della sua vita, in particolare durante il suo settennato alla Presidenza della Repubblica, nei quali ha dedicato crescente attenzione all’innovazione tecnologica e alle sue potenzialità in campo politico e diplomatico. L’enorme importanza e potenzialità delle nuove tecnologie Peres l’ha sintetizzata magistralmente in una relazione da lui presentata lo scorso 3 settembre a Villa d’Este, probabilmente la sua ultima uscita pubblica. In quella relazione, che ha colpito l’uditorio per la “visione” e per la forte impronta prospettica, inaspettata in un ultranovantenne, egli aveva sottolineato due concetti. Il primo è che la rivoluzione tecnologica, in particolare quella delle tecnologie di informazione e in particolare quella dei cosiddetti “big data”, è pervasiva e sta modificando radicalmente le nostre economie. Il secondo concetto è che questo mutamento sta mettendo in discussione il concetto di potere e di leadership politica: la forza di una nazione dipenderà sempre più dalla creatività della sua popolazione e delle sue aziende che non dalla sua forza militare.

Un importante corollario di queste considerazioni è che, secondo Peres, una cooperazione in campo tecnologico potrebbe contribuire ad avvicinare la pace in medio-oriente, trasferendo il concetto di “Start-up Nation” in “Start-up Region” e promuovendo la crescita e l’interdipendenza economica. In particolare, secondo Peres la cooperazione tecnologica e la diffusione delle tecnologie, lungi dall’indebolire Israele permetterebbero di creare ricchezza per tutti e favorire l’interscambio commerciale con i paesi vicini. Come favorire in pratica questo processo? Come ulteriore esempio della concretezza e fattività del personaggio, pochi mesi prima della sua scomparsa Peres ha fondato e inaugurato a Tel Aviv un “Centro israeliano per l’innovazione”, che ha lo scopo di promuovere la cooperazione regionale in ambito tecnologico; il centro sta già preparando progetti di cooperazione con l’Egitto, la Giordania e alcuni paesi africani.

Aviram Levy, economista, Pagine Ebraiche Novembre 2016

(Shimon Peres al World Economic Forum, foto di Nader Daoud)