Notizie su Leros
“L’empatia è una versione gentile e paritaria della compassione. (…) Presuppone uno scendere nel dolore dell’altro (…) Io sto con te, ti capisco. Tocco i tuoi sentimenti e quindi li comprendo. (…) Io che empatizzo, riduco la distanza tra la mia storia e la tua, e di questo stare dentro, che potrebbe o forse dovrebbe, essere provvisorio, io mi porto un alone, un cambiamento interno che rimarrà ogni qual volta si parlerà di vicende come la tua.”
Così scrive Costanza Jesurum in apertura di un recente post sul suo blog “Bei Zauberei”, luogo di riflessione costante della sua pratica di psicologa attenta. Capita a proposito per il vostro esercitante lettore, appena uscito dalla seconda lettura di un libro come La Prima Verità, di Simona Vinci (Einaudi). È un romanzo che tocca e scotta, questo suo ultimo. Ho atteso che il clamore suscitato dalla sua vittoria al Premio Campiello sfumasse, poi l’ho letto come in apnea, incapace di uscirne anche quando cucinavo o leggevo altro; la storia di Angela, giovane psichiatra a Leros – l’isola-manicomio in Grecia dove sono stati imprigionati i matti e i nemici dello Stato quando era retto dai Colonnelli – è in realtà quella dei suoi ospiti involontari. La loro malattia, o il loro confino sono narrati a voci multiple, come fossero solisti che cantano, o gridano: quello che il lettore ascolta è un coro che rimane dentro anche a libro chiuso. L’ultima parte del libro ha per titolo “Notizia su Leros, il colpevole segreto d’Europa”; le ultime pagine riportano all’oggi una storia vera che ha occupato decenni, e che par condannare Leros a un destino ineluttabile come quello delle tragedie antiche. Ricordo il mio sconforto, a fine prima lettura; già era stato difficile sopportare la mia impotenza davanti al dolore raccontato fin lì, ma quelle ultime pagine – che sembrano estratte da una cronaca giornalistica – mi ha schiantato. Ho lasciato passare quasi due mesi, poi ho ripreso il libro: devo farlo, perché – mi dicevo – ho bisogno di trovare uno spazio interiore che mi permetta di elaborare il lutto di un’empatia impotente per le vittime, ma necessaria per me stesso. Nessuna consolazione, se non quella di esser riuscito a non abbassare lo sguardo, e l’urgenza di consigliare la lettura di questo libro tremendo e straordinario. La lingua della Vinci è infatti di una pulizia e felicità descrittiva non comuni: le scene d’amore, quelle di violenza e tortura, la quotidianità indifferente e la brutalità che viene narrata senza retorica sono risolte in un racconto che tuttavia non cede mai né alla disperazione né al disimpegno, anzi! Vi chiedo di credermi: leggete La Prima Verità, aprite gli occhi e l’anima, e quel “cambiamento interno che rimarrà ogni qual volta si parlerà di vicende come la tua” opererà beneficamente.
Valerio Fiandra
(10 novembre 2016)