Grandi rabbini del Novecento, l’esempio dei Maestri milanesi
Si è inaugurato, domenica 27 novembre 2016, presso il Centro Bibliografico “Tullia Zevi” dell’Ucei, il ciclo di conferenze sui Rabbini italiani del Novecento, a cura di Raffaella Di Castro e Gianfranco Di Segni, frutto della collaborazione tra il Centro Bibliografico, il Collegio Rabbinico Italiano e il Centro di Cultura Ebraica di Roma.
L’iniziativa si pone in continuità con il precedente ciclo di conferenze, tenutesi anch’esse presso il Centro Bibliografico nel 2011-2012, in memoria dei Rabbini che hanno ricoperto la cattedra di rabbino capo di Roma nella prima metà del Novecento, Vittorio Castiglioni, Angelo Sacerdoti e David Prato. Gli atti sono stati pubblicati in un volume della Rassegna Mensile di Israel (vol. LXXIX, n.1-3, Gennaio-Dicembre 2013), a cura di Gianfranco Di Segni e Laura Quercioli Mincer.
Questo primo incontro è stato dedicato alle figure di Alessandro Da Fano (1847-1935), Gustavo Bonaventura Castelbolognesi (1884-1947), ed Ermanno Friedenthal (1881-1970) i quali si son succeduti come Rabbini Capo di Milano, dopo aver ciascuno girato per molte altre città.
La conferenza si è aperta con i saluti di rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano e di rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma il quale ha auspicato che da queste conferenze possa nascere un’ulteriore pubblicazione.
Rav David Sciunnach ha ricordato la figura di rav Alessandro Da Fano (nell’immagine), genero e allievo di rav David Maroni, rabbino a Milano dal 1892 al 1935, autore di diverse opere, “ma soprattutto Maestro instancabile”. Intrattenne rapporti cordiali e di stima reciproca con Monsignor Ratti, il futuro Papa Pio XI a cui diede persino lezioni di ebraico.
A rav Da Fano succedette come rabbino capo di Milano rav Gustavo Castelbolognesi (dal 1935 al 1943). Gisèle Lévy si è soffermata sulla missione di quest’ultimo a Tripoli (1933-1935), dove fu chiamato dalle Autorità Governative al compito non facile di mettere ordine alla situazione caotica in cui versava la Comunità Ebraica. Il suo operato risultò però sgradito alla politica modernista del regime; accusato quindi dal governatore Balbo di ultraortodossia, rav Castelbolognesi (nell’immagine) fu espulso e ricondotto in Italia. Come ricorda anche Daniele Nissim, nel testo che ha inviato per la conferenza, “mitezza e la tolleranza, tratti caratteristici di rav Castelbolognesi, che permisero sia agli ortodossi sia ai più assimilati di sentirlo vicino, non impedirono a lui di essere nella propria vita osservante intransigente e di saper mantenere la propria dignità e la propria linea di condotta […] qualora si fosse osato imporgli di derogare a quei principi e a quelle norme che sentiva di dover custodire e difendere. Il noto caso di Tripoli ne è chiara dimostrazione: egli si lasciò privare della sua cattedra piuttosto che cedere alle imposizioni”. Con il supporto di testimonianze, tratte da lettere e diari scritti dai suoi genitori rav Paolo Nissim e Ada Levi, amici intimi di rav Castelbolognesi, Nissim ne ha ricostruito a tutto tondo la fisionomia e l’opera.
Commovente è stato anche il ricordo che rav Elia Richetti ha dedicato al nonno rav Ermanno Friedenthal (nell’immagine). Ungherese, allievo – come Castelbolognesi – del Collegio Rabbinico Italiano di Firenze, rav Friedenthal diventò rabbino capo di Milano dopo la liberazione. Curò la traduzione del libro di Bemidbar e di quello di Isaia nella Bibbia pubblicata a cura di rav Dario Disegni. Molto interessanti sono i discorsi e le conferenze inediti e un carteggio del 1952 con rav Sierra sulla resurrezione e sul mondo a venire. “Per molti fu soprattutto il rav paterno, vicino, comprensivo e mai rinunciatario”.
Il pubblico numeroso e partecipe è intervenuto portando anche calde testimonianze dirette sulle figure ricordate.
(30 novembre 2016)