JCiak –Per l’Oscar, Israele non ce la fa

Le speranze israeliane di correre all’Oscar finiscono in niente. Sand Storm, il film della debuttante Elite Zexer incentrato sulla drammatica vicenda di due donne alle prese con i pregiudizi della società patriarcale in un villaggio beduino del Negev e dialogato in arabo, non ce l’ha fatta a entrare nella shortlist dei nove candidati all’Oscar come migliore film straniero. Se può essere di consolazione, tra i film rimasti in lizza ben tre sono dedicati al periodo nazista. Ricordando che un anno fa la vittoria come migliore lavoro straniero andò a Il figlio di Saul di Laszlo Nemes, ipnotica storia di un prigioniero ad Auschwitz, anche le nomination 2017 testimoniano che quel tratto di storia è un’enigma che ancora inquieta e interroga le coscienze.
L’esclusione di Sand Storm, vincitore del premio Ophir in Israele e trionfatore nel circuito degli Oscar, dispiace. Ma che il lavoro di Elite Zexer potesse farcela era una speranza piuttosto remota, tenendo conto che fra gli esclusi figurano alcuni grandi favoriti della vigilia (tra cui il francese Elle con Isabelle Huppert e Neruda del cileno Pablo Larrain) e che il parterre dei nominati quest’anno si annuncia più che notevole. Andando a caso, fra i nominati troviamo il canadese Xavier Dolan con It’s Only the End of the World o l’iraniano Asghar Farhadi, Oscar nel 2012 con il bellissimo A separation, che quest’anno concorre con The Salesman.
Pur in assenza d’Israele, i motivi d’interesse sul versante ebraico non mancano. Ad affondare lo sguardo negli anni bui della seconda guerra mondiale, troviamo il russo Andrej Konchalovsky, con Paradise (di cui già avevamo parlato), bianco e nero potente che intreccia tre vite e un amore distruttivo sullo sfondo della Shoah.
In The King’s Choice, il norvegese Erik Poppe narra invece la scelta del re Haakon, che nell’aprile 1940, quando i nazisti dal mare invadono la Norvegia e chiedono la sua capitolazione, sceglie la via dell’esilio e da lì organizza la resistenza agli occupanti. Arriva invece dalla Danimarca, diretto da Martin Zandvliet, Land Of Mine, storia singolare di un gruppo di prigionieri tedeschi costretti dall’esercito danese a disinnescare le mine disseminate dai nazisti lungo la costa.
Vedremo chi la spunterà il 26 febbraio alla serata degli Oscar. I favoriti della critica americano sono per ora Toni Erdmann (Germania) di Maren Ade, che mette in scena in chiave ironica il rapporto tra padre e figlia in una commedia di tre ore, It’s Only the End of the World (Canada) di Xavier Dolan e Land Of Mine (Danimarca) di Martin Zandvliet.

Daniela Gross

(22 dicembre 2016)