Rivlin incontra i leader cristiani:
“Siria, il silenzio non è un’opzione”

riv“In tempi come questi, il silenzio non è un’opzione. Mi auguro che la comunità internazionale agisca con forza per aiutare gli innocenti, tutti i civili, uomini, donne e bambini. Non siamo ancora riusciti a ottenere la pace per il popolo siriano, ma vediamo queste terribili immagini e ascoltiamo le parole di chi soffre. Gli israeliani di tutte le fedi sentono il dovere di dare una mano, far sentire la propria voce”.
Lo ha affermato il presidente israeliano Reuven Rivlin, incontrando questa mattina una delegazione di leader delle comunità cristiane. “Sono orgoglioso – ha poi detto – per l’aiuto che Israele sta dando alla popolazione siriana da un punto di vista sia umanitario che medico. So bene che non è che una goccia nell’oceano, ma è sempre meglio di niente. Diciamo no al silenzio. Parliamo, agiamo, preghiamo. Tutti insieme”.
Durante l’incontro, il presidente Rivlin si è inoltre soffermato sul contestato voto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sugli insediamenti. Un voto, segnato dalla storica astensione statunitense, che sta facendo parlare la politica israeliana e internazionale.
“Ci siamo stretti le mani più volte in questi anni, chiedendo una negoziazione diretta, senza pre-condizioni, senza ulteriori slittamenti” ha sottolineato Rivlin, rivolto alla leadership palestinese.
“La decisione di portare Israele al Consiglio di sicurezza – ha poi aggiunto – è stata sbagliata per due motivi: per aver forzato le pre-condizioni, ma anche per il modo in cui è stata condotta. La missione della comunità internazionale è infatti ben diversa: cercare di costruire fiducia, tra le parti, per risolvere le conflittualità esistenti. Esattamente l’opposto di quello che è stato fatto all’Onu”.
Sul fronte interno, da registrare l’intervento della viceministra degli Esteri Tzipi Hotovely, che ha suggerito al primo ministro Netanyahu una linea differente con i rappresentanti diplomatici e di governo dei paesi coinvolti in quella votazione. “Non penso che la soluzione sia quella di cancellare gli incontri già fissati” ha affermato Hotovely, ascoltato esponente del Likud, in due interviste radiofoniche. “Parte del lavoro di diplomazia – la sua riflessione – è proprio quello di spiegare chiaramente a chi si ha di fronte perché questi paesi stanno mettendo in pericolo i loro stessi interessi”.

(27 dicembre 2016)