“Fondo un mio partito per guidare il Paese” Il ritorno in politica di Moshe Yaalon
A fine maggio 2016 Moshe Yaalon aveva lasciato non solo il suo incarico da ministro della Difesa ma anche il suo posto alla Knesset, il parlamento israeliano. La seconda decisione era stata dettata dalla prima: il Primo ministro Benjamin Netanyahu gli aveva chiesto un passo indietro, affidando il ministero della Difesa al leader di Israel Beitenu Avigdor Lieberman (tutt’ora al suo posto) in modo da allargare la maggioranza di governo. Il “sacrificio” di Yaalon era servito infatti a rafforzare una coalizione che fino a quel momento si reggeva su un solo voto. “Ho informato il Primo ministro che a seguito della sua gestione degli ultimi avvenimenti, e alla luce della mia mancanza di fiducia nei suoi confronti, mi dimetto dal governo e dalla Knesset e prenderò un po’ di tempo per stare lontano dalla politica”, aveva detto Yaalon durante la conferenza stampa in cui annunciava le sue dimissioni. E quel tempo lontano dalla vita politica sembra essere finito: “ho deciso di fondare un partito, una forza politica e correre per la leadership nazionale”, ha annunciato l’ex ministro della Difesa, a lungo uomo di punta del Likud, il partito guidato da Netanyahu. Una notizia, in realtà, che da tempo era nell’aria. Yaalon infatti aveva già palesato le sue intenzioni nel giugno scorso quando aveva criticato aspramente l’attuale esecutivo. Nel suo discorso, aveva accusato la leadership oggi al governo di voler “accecare” il Paese con minacce esistenziali immaginarie – l’ex ministro denunciava il tentativo di diffondere una falsa percezione che “siamo sull’orlo di una seconda Shoah” – per distrarre i cittadini dai problemi gravi che affliggono la società israeliana. Un’accusa respinta dal Likud, che in un comunicato aveva definito ipocrita il discorso di Yaalon “che solo pochi mesi fa affermava che: ‘L’Iran è una preoccupazione esistenziale per Israele’”. Ma Yaalon aveva proseguito nel suo affondo, dichiarando che “è intollerabile che la leadership d’Israele nel 2016 cerchi di incitare gli ebrei contro gli arabi; la destra contro la sinistra; e il tutto al fine di rimanere al governo, per ottenere un altro mese o un altro anno” in carica. “Il lavoro di un leader è unire la società, anche quando ci sono differenze politiche sostanziali, per non favorire la divisione”, le parole dell’ex ministro già allora entrato in clima da campagna elettorale.
Alcuni sondaggi, pubblicati diversi mesi fa, davano ragione a Yaalon: una coalizione da lui guidata (assieme a Gideon Saar, ex ministro dell’Educazione, e Moshe Kahlon, attuale ministro delle Finanze) avrebbe raggiunto 25 seggi alla Knesset a danno del Likud (che sarebbe passato da 30 a 21). Il fatto è che quei sondaggi risalgono ai giorni delle dimissioni di Yaalon per cui non sono indicatori attendibili ma sono comunque un segnale per Netanyahu: l’ex ministro potrebbe essere una spina nel fianco in caso di elezioni.
Yaalon è un veterano della guerra del Kippur, è stato comandante di un commando d’élite dell’esercito (Sayeret Matkal, in cui ha servito anche Netanyahu), ed è stato nominato Capo di Stato maggiore durante la seconda Intifada. Suo padre era un veterano dell’Haganah mentre la madre era una sopravvissuta alla Shoah. Cresciuto nei sobborghi proletari di Haifa, da giovane era attivo nelle fila dei laburisti per poi spostarsi verso destra fino all’entrata in politica nel 2008 con il Likud.
Daniel Reichel