Qui Torino – Il duello nel ghetto

2017-03-09 18.59.42“Moretto a Roma se lo ricordano ancora. Il suo vero nome è Pacifico Di Consiglio e nel 1943 è l’unico ebreo romano che durante l’occupazione nazista resta in città per dare la caccia ai suoi persecutori. Pugile dilettante, la vita di Moretto, come quella di tanti ebrei romani, cambia dopo il 1938. Ma a differenza di altri, Moretto trova il modo per ribellarsi”. Così si apre la quarta di copertina di Duello nel ghetto (Rizzoli, 2017), nuovo libro di Maurizio Molinari, direttore de La Stampa, scritto assieme allo storico germanista Amedeo Osti Guerrazzi.
A presentare il volume nel pomeriggio di ieri presso l’Associazione Italia Israele di Torino è lo stesso Molinari, che componendo l’opera inevitabilmente torna alle sue origini ebraico-romane, fattore determinante per comprendere fino in fondo la storia di Pacifico Di Consiglio, detto Moretto, un ribelle che lotta fino alla fine contro l’oppressione all’interno del ghetto ebraico di Roma in un duello serrato con le bande fasciste.
Molinari ricorda il profondo rispetto che ha circondato Moretto fino ai suoi ultimi giorni di vita. Tuttavia la vicenda di questo uomo ribelle rimane per lo più ignota fino a dopo la sua morte, quando il figlio Alberto trova tra le sue carte alcune testimonianze. Da qui incomincia un’operazione fatta di ricerca e di ricostruzione della vita di Moretto e accanto ad Alberto compare il Molinari cronista. “Tassello dopo tassello è venuta fuori una storia incredibile, un collage di testimonianze”, commenta il Direttore. “L’anima ribelle di Moretto combatte due fronti: se da una parte dà la caccia ai fascisti per garantire la sopravvivenza oltre che di se stesso, anche degli 8mila ebrei che vivevano nascosti all’interno del ghetto, dall’altra la sua irruenza inarrestabile si scontra con l’atteggiamento spaventato dei suoi correligionari. Come gli squadristi avevano dalla loro spie e delatori di ogni sorta, anche Moretto aveva escogitato un piano per sapere in anticipo le mosse della squadra fascista capeggiata da Luigi Sorelli: il giovane Moretto aveva fatto innamorare di sé proprio Anita Mastroianni, nipote di Rosselli. “ La figura di Anita”, commenta ancora Molinari, “può essere considerata una finestra molto interessante per analizzare il comportamento dei non ebrei in epoca fascista”. Infine una riflessione sull’essenza di Moretto che lo rende quasi un unicum storico per caparbietà e ribellione non solo morale, ma fisica. A sovrapporsi in Moretto sono due elementi: da una parte il suo essere ribelle in quanto persona singola “restio a piegarsi alla consuetudine del momento”, così lo definisce Molinari. Dall’altra è portatore di un’identità collettiva propria degli ebrei romani che si esplicita in un rapporto con il quartiere ebraico “esistenziale, organico, identitario”.

Alice Fubini

(10 marzo 2017)