Il gasdotto sottomarino tra Israele e Italia
Sarebbe uno dei gasdotti sottomarini più lunghi del mondo; per costruirlo ci vorrebbero almeno quattro-cinque anni, costerebbe almeno sei miliardi di euro, e porterebbe circa 12 miliardi di metri cubi di gas naturale israeliano dai pozzi dei giacimenti offshore al largo di Gaza e di Israele – ma anche quello cipriota – verso la Grecia e l’Italia. Del progetto di gasdotto chiamato EastMed è venuto nei giorni scorsi a parlare con le autorità politiche e i possibili partner industriali il ministro israeliano dell’Energia, Yuval Steinitz. Che al termine dei colloqui con Carlo Calenda, responsabile dello Sviluppo economico, con Angelino Allano, titolare degli Esteri, con l’amministratore delegato di Snam Marco Alverà e con un gruppo di parlamentari a Montecitorio, si è detto particolarmente fiducioso sulla possibilità che nel giro di poco tempo il gasdotto passi dai tavoli dei progettisti alla realtà. «All’inizio di aprile – ha detto il ministro Steinitz – incontrerò in Israele i miei colleghi ministri di Italia (Calenda, ndr), Grecia e Cipro per far decollare il progetto». Si tratta di un gasdotto che oltre al suo significato economico ne ha uno di tipo geopolitico e strategico. EastMed, che dovrebbe convogliare verso l’Europa le risorse del giacimento offshore Leviathan, dovrebbe essere realizzato da Edison, l’azienda italiana controllata dalla società francese Edf, in collaborazione con la società greca Depa. Il gasdotto riceverebbe anche il gas naturale dei giacimenti offshore a Sud di Cipro, e sbarcherebbe in un primo momento nel Peloponneso, in Grecia, garantendo il fabbisogno energetico ellenico più un potenziale destinato alle esportazioni. Ma Leviathan – di proprietà della società Usa Noble Energy, un fattore che ha sollevato grandi polemiche poGtiche in Israele, tra le proteste dei partiti di opposizione contrari all’assegnazione a privati di un bene strategico – è molto grande e ricco di gas. Come molto promettenti sono i giacimenti vicini in corso di rilevazione e di perforazione, tutti situati nell’area marittima economica di Israele. Gaza e l’Autorità palestinese non dispongono di una Eez, anche se molti pozzi sono vicini alla costa dell’enclave controllata da Hamas. Dunque da un lato Israele deve trovare un modo efficiente e relativamente poco costoso per esportare il gas, non facendosi tagliare fuori dal gas egiziano, individuato a suo tempo dal-l’Eni in quantità eccezionali. Ad esempio, realizzando un altro gasdotto sottomarino, più piccolo, in direzione della Turchia, Paese strategicamente fondamentale nell’area e privo di gas o petrolio. Dall’altro, dice Steinitz, «l’Italia e l’Europa hanno interesse a garantirsi un altra 6 12 miliardi di euro II costo stimato della costruzione che richiederà dai quattro ai cinque anni miliardi di mc La portata annua del futuro gasdotto che convoglierà anche il metano di Cipro fonte di approvvigionamento di gas, a parte quello proveniente dalla Russia o quella in corso di esaurimento dal Mare del Nord. Israele è un partner energetico serio e affidabile». Di qui l’interesse strategico dei due paesi a realizzare EastMed, prolungandolo però dalla Grecia fino all’Italia. «Realizzare il gasdotto tra Israele e Italia, attraverso Cipro e la Grecia – afferma il ministro israeliano -è uno dei nostri obiettivi, considerati i giacimenti di gas naturale del nostro paese e il fabbisogno che servirà all’Europa e all’Italia in particolare nei prossimi anni. Come ho spiegato ieri al ministro Calenda, il progetto è ambizioso e contiamo di portarlo a termine in 4-5 anni coinvolgendo anche i privati». Steinitz chiede alle aziende italiane del settore – come Snam, ad esempio – di inserirsi nel progetto e nell’attività di trivellazione e sfruttamento dei giacimenti offshore. Va ricordato che dovrà essere l’Unione Europea a esaminare e dare il via libera al progetto EastMed; sempre Bruxelles dovrà fornire un finanziamento per la fase di sviluppo ingegneristica di un’opera particolarmente ambiziosa. «Con Calenda – puntualizza Steinitz – abbiamo affrontato anche il tema delle relazioni in ambito industriale, tra cui l’uso del gas nei trasporti, e la possibilità per le aziende italiane di entrare in nuovi settori del mercato israeliano e nuove forme di collaborazione anche a livello di start up dei due Paesi. Le possibilità sono molto promettenti».
Roberto Giovannini, La Stampa, 8 marzo 2017
(12 marzo 2017)