Trump, Netanyahu, Abbasnuova speranza sui negoziati
Nell’agenda del presidente Usa Donald Trump la riapertura dei negoziati è una priorità assoluta. Lo hanno ribadito nelle scorse settimane gli uomini della Casa Bianca sia ai diplomatici israeliani sia a quelli palestinesi. E lo ha fatto capire lo stesso Trump nelle scorse ore, incontrando il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas a Washington. “Riusciremo a fare questo accordo”, ha dichiarato Trump, parlando con il leader palestinese ma chiedendo a quest’ultimo che “cessino l’incitamento alla violenza e gli aiuti finanziari alle famiglie dei terroristi”. Sembra dunque aprirsi uno spiraglio per il ritorno al tavolo dei negoziati ma da Gerusalemme fanno capire che la fiducia nella leadership palestinese, e in Abbas in particolare, è decisamente bassa. “Aspetto con impazienza di discutere con il presidente Trump il modo migliore per portare avanti la pace. È un impegno che condividiamo fortemente”, ha dichiarato il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, puntando poi il dito contro Abbas e accusandolo di distorcere la verità. “L’ho sentito dire che i palestinesi insegnano ai loro figli la pace – ha sottolineato il Primo ministro israeliano – Purtroppo, non è vero. Intitolano le loro scuole ad assassini di israeliani e pagano i terroristi. Spero però – ha proseguito Netanyahu – che sia possibile arrivare a un cambiamento e a una genuina ricerca della pace. È una cosa per cui Israele è sempre pronta. Io stesso sono sempre ponto per una vera pace”.
Le parole delle ultime ore di un uomo della leadership palestinese non sembrano però imboccare questa strada: Nabil Shaath, consulente per le questioni Estere di Abbas, ha infatti definito “folli” le richieste dell’amministrazione americana all’Anp di sospendere i pagamenti alle famiglie dei terroristi palestinesi detenuti per aver compiuto azioni contro israeliani. “È assurdo chiederci di fermare i pagamenti alle famiglie dei prigionieri – ha dichiarato Shaath – Sarebbe come chiedere a Israele di non pagare i suoi soldati”. Un paragone definito inaccettabile e rispedito al mittente dalle autorità israeliane. Netanyahu, inoltre, ha più volte dichiarato che tra gli ostacoli alla pace vi è proprio questa scelta da parte dell’Anp di sovvenzionare le famiglie dei terroristi. Nonostante questo, però, diversi analisti israeliani – e anche alcuni politici, come il ministro per l’integrazione Zeev Elkin – hanno sottolineato come vi sia una possibilità concreta per la riapertura dei negoziati di pace. Tra i protagonisti di questo nuovo corso, potrebbero esserci, al fianco degli Stati Uniti, la Giordania, l’Arabia Saudita e soprattutto l’Egitto. Secondo l’analista militare del Times of Israel, Avi Issacharoff, “ci sono buone vibrazioni ma manca ancora la sostanza” per riaccendere veramente le speranze di un nuovo processo di pace.
d.r.
(4 aprile 2017)