“Stop a discriminazioni di genere
su qualsiasi volo israeliano”

el al tel avivI membri degli equipaggi aerei israeliani non possono più chiedere a una donna di spostarsi di posto per motivi religiosi. A stabilirlo, un’importante sentenza di un Tribunale di Gerusalemme legato a un episodio accaduto su di un volo della compagnia israeliana El Al nel dicembre 2015. “Assolutamente in nessuna circostanza un membro dell’equipaggio può chiedere a un passeggero di trasferirsi dal suo posto designato perché il passeggero vicino non vuole sedersi accanto a lui per motivi di genere”, ha dichiarato il giudice della Corte di Gerusalemme Dana Cohen-Lekah, aggiungendo che si tratta di una policy che trasgredisce “la legge che impedisce la discriminazione”. El Al dunque non potrà più aderire alle richieste dei passeggeri che, per motivi religiosi, sui suoi voli chiedono di non essere seduti vicino a donne come è accaduto nel 2015 a Renee Rabinowitz. La sentenza è nata proprio dal ricorso di Rabinowitz, 83enne scampata alla Shoah da piccola, a cui un assistente della compagnia di bandiera israeliana, in un volo da Newark a Tel Aviv, aveva chiesto di spostarsi a seguito di una richiesta di un uomo haredi.
Il 2 dicembre di due anni fa, la donna – cresciuta in una casa ebraica ortodossa, scrivono i quotidiani israeliani – si è era messa nel suo posto in business class sul volo El Al che da New York la stava riportando in Israele, dopo una visita ai famigliari negli Stati Uniti. Poco prima che le porte dell’areo si chiudessero, il passeggero a cui era stato assegnato il sedile vicino a lei si era imbarcato. L’uomo, di mezza età e haredi, aveva chiamato poi l’assistente di volo e gli aveva parlato in ebraico. Subito dopo l’assistente si era rivolto alla Rabinowitz offrendole “un posto migliore” vicino alla cabina. “Non capivo. Non era un posto migliore”, la testimonianza della donna. “Quell’uomo non aveva nessun altro motivo di lamentarsi di me se non per una questione di genere, e questa discriminazione è illegale – la presa di posizione di Rabinowitz, ex avvocato, a cui la Corte di Gerusalemme ha dato nelle scorse ore ragione – Non sarebbe stato diverso sentirsi dire da qualcuno di un’altra religione ‘non voglio stare seduto accanto a un ebreo’. E in quel caso non credo che El Al avrebbe spostato nessuno”.
A rappresentare la donna davanti al tribunale israeliano, l’Israel Religious Action Center, un centro che si occupa di questioni legali e di tutela dei diritti legato al movimento reform israeliano.
La Corte ha riconosciuto un risarcimento per Rabinowitz di 6500 shekel ma quest’ultima ha spiegato al New York Times che la sua preoccupazione non sono mai stati i soldi. “Sono entusiasta della sentenza perché il giudice ha capito il problema. Ha capito che la questione era legata a El Al e a un cambio della sua politica, cosa che ha ordinato [alla compagnia] di fare”.

Daniel Reichel

(22 giugno 2017)