…Gabbay

La finalina delle primarie del Partito Laburista israeliano si è disputata fra due ebrei marocchini. Già questo sarebbe il segnale di una svolta stimolante nel sistema pubblico israeliano dove finora i sefarditi hanno occupato tutte le posizioni possibili di vertice con l’eccezione di due: quelle di Primo ministro e di Presidente della Corte Suprema. Fra l’altro, in ottemperanza al sistema della promozione secondo anzianità sappiamo già fin da ora che per lo meno fino al 2033 la Corte suprema sarà presieduta da giudici di origine ashkenazita. Resta dunque la politica. Ha vinto le primarie laburiste abbastanza chiaramente Avi Gabbay, l’uomo nuovo, su Amir Peretz, il più navigato e forse più eloquente competitore, e ci si chiede già se sarà lui il primo sefardita a guidare il governo di Israele. Difficilissimo ma non impossibile. I laburisti seguono da decenni un percorso di declino che li ha fatti calare dai 56 seggi (su 120) conquistati dal partito guidato da Golda Meir nel 1969, agli 8 seggi previsti negli ultimi sondaggi pre-primarie per il partito guidato da Buji Herzog. I voti laburisti si sono in gran parte riversati su formazioni di centro. E forse proprio per questo il cuore diceva Peretz, ma la mente diceva Gabbay. Avi Gabbay proviene dalle file del partito di centrodestra del ministro del tesoro Kahlon, è stato per un anno ministro dell’ambiente nel governo Netanyahu, poi per protesta contro le politiche sui nuovi pozzi di gas sottomarino che gli parevano meno che trasparenti, si è dimesso dal governo (cosa inaudita) e dal partito per passare ai laburisti. Questi, dopo una sua abile campagna, lo hanno eletto a capo del partito. Gabbay proviene dal mondo dell’economia e dell’impresa, è chiaramente un pragmatista e non un ideologo, e può sperare di attirare nuovi elettori appunto dal centro e dal centrodestra su una piattaforma di integrità soprattutto incentrata sulla richiesta di mandare a casa Benyamin Netanyahu. Con elezione di Avi Gabbay inizia la campagna elettorale, anche se non si sa quando si voterà, nel 2018 o addirittura nel 2019. Lo slogan che si delinea per i laburisti, “la casa degli israeliani”, sembra ben concepito nel senso dell’invito a ritornare a casa dei molti che hanno abbandonato il partito. Il primo sondaggio il giorno dopo l’elezione è promettente: 18-20 seggi, una buona ripresa rispetto ai sondaggi precedenti, anche se inferiore ai 24 attualmente detenuti alla Knesset.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(13 luglio 2017)