Netanyahu e l’ombra giudiziaria Indagato per frode e corruzione
Erano in duemila gli israeliani che ieri hanno manifestato per chiedere il rinvio a giudizio del Premier Benjamin Netanyahu, coinvolto in due indagini per corruzione e per frode. Per la 37esima volta (la più numerosa) i dimostranti si sono riuniti nei pressi dell’abitazione del procuratore generale Avichai Mandelblit, a Petah Tiqwa, per chiedere che proceda a formalizzare le accuse nei confronti di Netanyahu. Secondo i manifestanti – sia di sinistra ma anche legati alla destra del Likud (il partito di Netanyahu) – Mandelblit starebbe volontariamente rallentando le indagini per proteggere il Primo ministro israeliano. Quest’ultimo è sospettato di aver ricevuto favori e regali dal produttore di Hollywood Arnon Milchan (il caso è noto in Israele come tiq 1000) e di aver promesso a Noni Mozes, proprietario del più diffuso quotidiano israeliano – Yedioth Ahronoth – favori sul fronte editoriale in cambio di una linea più morbida del giornale nei suoi confronti (tiq 2000). Netanyahu ha negato le accuse e ha detto che gli inquirenti stanno cercando di far cadere il suo governo: “Non verrà fuori niente perché non c’è niente. È la solita caccia alle streghe per far cadere la mia coalizione”.
A complicare però la situazione di Netanyahu, la decisione del suo ex capo di gabinetto Ari Harow di collaborare con la procura su entrambe le indagini. Harow è coinvolto in un’altra inchiesta ancora – legata alla vendita di una società – e sembra che abbia patteggiato, garantendo la sua testimonianza nei casi 1000 e 2000 in cambio di una riduzione di pena. La vicenda tra Mozes e Netanyahu è emersa proprio a causa dell’inchiesta a carico di Harow: la polizia, sequestrando il suo cellulare, ha scoperto delle registrazioni in cui il Premier e il proprietario di Yedioth Arhonot parlano di questo presunto scambio di favori. Netanyahu, nell’occasione, avrebbe offerto a Mozes di ridurre l’influenza del giornale gratuito Israel Hayom, oramai il più diffuso quotidiano d’Israele e descritto tempo fa dall’attuale ministro della Difesa Avigdor Lieberman come la “pravda di Netanyahu”. Proprietario del free-press è l’amico e sostenitore di Netanyahu Sheldon Adelson, noto magnate americano, sentito dagli inquirenti per l’altro caso, quello dei presunti regali ricevuti dal Premier.
“Tutto questa situazione è inaccettabile”, gridavano ieri i manifestanti a Petah Tikwa, chiedendo le dimissioni di Netanyahu e di Mandelblit. “Bibi (Netanyahu), sono una sostenitrice del Likud e mi sono stancata di difenderti perché tu non difendi più me”, ha detto dal palco Ori Nachman, attivista di lunga data del Likud. “Dico che ne abbiamo abbastanza, non vogliamo più questa corruzione, Bibi, vattene e dacci un nuovo leader”. Diversi gli appelli all’unità risuonati nella piazza, in cui, poco distante, si è tenuta una contromanifestazione con circa 350 persone organizzata dal capo coalizione David Bitan che aveva chiesto ai sostenitori del Likud di dimostrare la loro vicinanza al Premier. In pochi hanno risposto “ma nemmeno duemila persone sono molte – sottolinea Gidon, venuto in piazza con la moglie Noa a manifestare contro Netanyahu – Sono lontani i tempi delle grandi manifestazioni. Perché ci sia un cambiamento, questi numeri non bastano di certo”.
Daniel Reichel
(6 agosto 2017)