Lo scrittore che incarna l’Europa, Francoforte premia Menasse
Scrittore, traduttore e saggista austriaco, Robert Menasse è il vincitore dell’edizione 2017 del Deutscher Buchpreis, il prestigioso premio assegnato durante la Fiera del Libro di Francoforte al miglior romanzo in tedesco, che si può considerare l’equivalente del Man booker Prize. Die Hauptstadt, La capitale, pubblicato da Suhrkamp, ha colpito la giuria internazionale del premio, che ha dichiarato: “Vale sempre la pena di impegnarsi per l’umanità, non si può dare nulla per scontato o acquisito, e con il suo romanzo, Die Hauptstadt, Robert Menasse mostra come sia un principio che si applica anche all’Unione Europea. Con grande capacità drammaturgica riesce a scavare in profondità negli strati più profondi di questo che chiamiamo il nostro mondo, mostrando senza ombra di dubbio che non basterà l’economia a garantirci un futuro di pace. Coloro che sminuiscono il valore di quel progetto di pace che è l’Europa sono tra noi, e non è raro che siamo noi stessi a fare la stessa cosa. Con La capitale Menasse ha raggiunto l’obiettivo che si era dato: nel romanzo, la contemporaneità è ritratta con una tale capacità letteraria che i contemporanei vi si riconosceranno, e chi non è ancora nato riuscirà meglio a comprendere il nostro tempo”.
È preso in contropiede Sellerio, l’editore che la settimana scorsa ne aveva comprati i diritti per l’Italia: “Faremo ovviamente tutto il possibile ma non abbiamo ancora neppure definito a chi affidare la traduzione, difficilmente la versione italiana potrà uscire prima della fine del prossimo anno”. La storia racconta del funzionario della Direzione Generale per la Cultura, Fenia Xenopoulou, che si trova ad affrontare il difficile compito di migliorare l’immagine pubblica della Commissione Europea. E mentre l’idea di cercare una nuova capitale per l’Unione – Auschwitz? – rischia di scuotere alle fondamenta le istituzioni dell’Unione Europea, a Bruxelles il problema più pressante pare essere dare un nome al maialino che scorrazza libero per le strade.
Paradossi che colpiscono, e che portano al centro dell’attenzione il tema stesso su cui pare concentrarsi questa edizione della Buchmesse: l’Europa, sopra tutto, e la volontà di mostrare al mondo come la Germania resti un paese coeso e aperto. A partire dalla cerimonia di apertura, con i discorsi della Cancelliera, Angela Merkel, e del Capo di Stato Francese Emmanuel Macron. La presenza della Francia, ospite d’onore della manifestazione, ha permesso anche alle testate locali di scherzare sul rapporto fra i due paesi: la Frankfurter Allgemeine, per esempio, nel giorno di apertura della Fiera ha pubblicato uno speciale, intitolato “Quasi migliori amici” in cui ogni pagina, ogni testo, mostrava le differenze e i contrasti fra due culture, due paesi che restano i pilastri su cui si appoggia un’Europa sempre più in difficoltà. La Buchmesse è stata poi teatro di un incontro tanto informale quanto importante: su invito delle Ministre per la Cultura di Francia e Germania, Françoise Nyssen e Monika Grutters, i loro omologhi di Belgio, Grecia, Lussemburgo, Croazia, Romania e Slovenia, insieme ai rappresentanti di Spagna ed Estonia e alla responsabile per il Parlamento Europeo della Commissione Cultura e Istruzione hanno discusso di cultura, circolazione di idee, autori e di artisti, difesa dei diritti d’autore e valorizzazione delle arti. Ma anche di istruzione, e integrazione, “Per non pensare solo all’economia e al mercato comune. Senza però dimenticare però che nell’industria culturale europea lavorano milioni di persone”, hanno dichiarato. Un investimento che vuole essere anche una risposta precisa all’avanzare dei populismi, per dare anima e cuore all’Europa. E la Buchmesse grande attenzione ha dedicato in questi intensissimi giorni anche all’attualità: il Book Fair’s Center for Politics, Literature and Translation ha aperto i suoi incontri, intitolati “Crisis, Order, Creation” con una tavola rotonda dedicata a “Can Culture Save Europe?” per proseguire con “Global Justice in an age of migration and trade” e “Immigrant Society, displacement and migration”.
Forte la presenza italiana, come sempre, che ha visto riuniti nello “Spazio Italia” metà degli editori presenti: 118 su 237, infatti, hanno voluto essere presenti in uno spazio comune in cui, nel primo giorno della Fiera, sono stati presentati i dati dell’edizione 2017 del Rapporto sullo stato dell’editoria. Torna il segno positivo, anche se limitato a un più 1 per cento sulle vendite, relativo al fatturato calcolato sui prezzi di copertina, ma è un trend iniziato nel 2016 e che pare confermato dalel proiezioni sui prossimi mesi. E il presidente dell’Associazione italiana editori, Ricardo Franco Levi, oltre alla evidente soddisfazione per i dati appena presentati, ha voluto sottolineare anche come sia tornato il sereno sui rapporti fra le principali manifestazioni italiane dedicate al libro. Non più contrapposizione tra il Salone del libro di Torino e Tempo di Libri, che lo scorso anno aveva cercato – con risultati imbarazzanti – di scalzare il Salone dal trono di principale fiera letteraria italiana, ma collaborazione e amicizia. E i grandi editori proprio in questi giorni hanno dichiarato la loro intenzione di tornare a Torino, dopo aver tentato, lo scorso anno, la prova di forza.
Al di là della diplomazia è chiaro a tutti come il moltiplicarsi delle occasioni di incontro col libro possa essere solo un bene per un paese dai dati di lettura francamente imbarazzanti, che solo un impegno forte sull’educazione e sulla scuola può sperare di migliorare. Non più beghe da cortile, quindi, ma uno sforzo congiunto per riavvicinare gli italiani ai libri. Elettronici o di carta, purché si legga.
Ada Treves twitter @ada3ves
(15 ottobre 2017)