Perché a Tel Aviv i giovani non vogliono Airbnb
Nel 2017 il noto portale Airbnb, che consente di scegliere e prenotare un bed and breakfast in tutto il mondo, ha stabilito in Israele, dove è in rapida espansione, un record ineguagliato: si stima che il 50% dei turisti che hanno soggiornato a Tel Aviv abbia alloggiato presso abitazioni prenotate tramite Airbnb. Questi risultati stanno però creando polemiche e una sollevazione da parte dei residenti della città. Quali sono i motivi del successo del portale e quali i motivi delle proteste? Premesso che Airbnb si sta espandendo rapidamente in quasi tutti i paesi dove è autorizzato, il motivo del primato stabilito a Tel Aviv è da ricercare principalmente nel fatto che in questa città mancano notoriamente alberghi di fascia intermedia (due o tre stelle) con standard qualitativi adeguati mentre quelli di fascia alta (4 o 5 stelle) hanno prezzi stratosferici, come molti lettori avranno sperimentato.
Un’altra caratteristica del mercato di Airbnb a Tel Aviv è rappresentato dal fatto che il portale offre 8.000 alloggi, che rappresentano una quota non piccola (il 5%) del numero complessivo di alloggi esistenti in città; inoltre circa due terzi di questi 8.000 alloggi è gestito da agenzie e non dai diretti proprietari. Questi due dati hanno una importante implicazione: il servizio online può avere un impatto sui prezzi di tutto il mercato immobiliare della città.
Perché i residenti di Tel Aviv protestano, per adesso invano? Perché la rapida diffusione di Airbnb sta provocando pressioni al rialzo dei prezzi degli immobili nella città , in un mercato immobiliare già surriscaldato e fra i più costosi al mondo: va da sé che molti piccoli proprietari di appartamenti preferiscono cederli per affitti brevi con Airbnb invece che affittarli per periodi lunghi a famiglie.
Non è un caso che altre grandi metropoli nei paesi industriali, che hanno a cuore la tutela dei residenti, stanno imponendo restrizioni a Airbnb; queste vanno da una tassazione pesante a un divieto vero e proprio: è il caso dello Stato di New York e della città di Barcellona. Come stanno reagendo le autorità locali di Tel Aviv e quelle nazionali? Per il momento sono inerti: da un lato il ministero del Turismo ha come principale obiettivo quello di aumentare sempre più il numero di presenze turistiche (l’obiettivo per il 2018 è di arrivare a 3,5 milioni di visitatori) ed Airbnb svolge una funzione utile a questo fine; dall’altro lato l’industria alberghiera non protesta, perché consapevole che il servizio non “danneggia” gli alberghi (il turista di Airbnb non si potrebbe comunque permettere un hotel) bensì i residenti (studenti, famiglie) che necessitano di affitti “lunghi” e a canoni accessibili.
Aviram Levy, economista, Pagine Ebraiche Dicembre 2017