Roth, maestro di libertà
Cala il sipario sullo scrittore. O forse si alza appena adesso, perché l’annuncio della rinuncia a scrivere ancora di Philip Roth sta finalmente innescando una riconsiderazione complessiva della sua vastissima opera. Nello spazio di pochi giorni hanno visto la luce il primo Meridiano a lui dedicato (“Romanzi 1959-1986”, a cura di Elèna Mortara e Paolo Simonetti, Mondadori editore), un tomo colossale, che supera le duemila pagine, il primo volume nell’edizione francese della Pleiade (“Romans et nouvelles 1959-1977, a cura di Brigitte Felix, Aurelie Guillain, Ada Savin e Paule Lévy, Gallimard) e “ Why Write? Collected Nonfiction 1960-2013”, Library of America. Una tripla consacrazione da una sponda all’altra dell’oceano, nelle collane più prestigiose per uno scrittore che era già considerato il più celebrato contemporaneo nel mondo culturale statunitense. E il momento per rileggere l’opera di Roth abbracciando con lo sguardo un orizzonte più allargato, una dimensione dove ogni lavoro trovi il giusto posto e la sua lettura appropriata nel quadro della vita del grande scrittore. “Oggi – scrive Marc Weitzmann su Le Monde des Livres – Roth è uno degli ultimi scrittori assoluti nel senso in cui lo intendeva Flaubert. L’ultimo rappresentante dei romanzieri nati prima del trionfo della televisione e di cui l’immaginazione, il potenziale di concentrazione, hanno potuto strutturarsi interamente dall’ambiente letterario, attraverso un processo che oggi non sarebbe più nemmeno immaginabile”. Il fatto è che Roth, dopo aver sfornato un libro dopo l’altro per oltre mezzo secolo ci ha fatto sapere che è stanco di scrivere. Ma a 84 anni compiuti non pare affatto stanco di pensare. Secondo il giudizio di alcuni critici proprio l’estrema ricchezza e lo spettro di versatile diversificazione, che da un romanzo all’altro caratterizzano la sua opera, del resto, hanno certo contribuito all’immensa popolarità di Roth, ma hanno reso molto più difficile la possibilità di abbracciarne il significato complessivo. I suoi primi lavori, tutti compresi nelle edizioni dei Meridiani e della Pleiade, mettono in luce definitivamente la capacità di Roth di utilizzare fino alla vertigine il materiale autobiografico e pongono in evidenza un’opera estremamente diversificata, proteiforme e sovversiva, che Paule Lévy giudica “caratterizzata dall’eccesso e dalla trasgressione, refrattaria a tutti i tentativi di classificazione”. Ma accanto al lavoro colossale del Roth narratore che attraverso le edizioni critiche ora fresche di stampa ritrova una sua dimensione unitaria, dalle parole di uno scrittore che ha rinunciato a scrivere nuova letteratura, emerge ora anche la dimensione del critico e del maestro di letteratura. Il nuovo volume, il decimo e ultimo che gli dedica la prestigiosa Library of America, raccogliendo gli scritti di critica letteraria e altre prose scritte in oltre 50 anni di lavoro, dona a Roth, proprio per staccarsi dall’impronta della lunga serie delle sue opere, la prima copertina a colori e ne svela una ulteriore personalità eccezionale, quella del saggista.
Philip Roth ha prodotto negli anni infatti un corpus di scrittura saggistica su un enorme varietà di temi. Sul suo stesso lavoro, fornendo chiavi di interpretazione e di inquadramento preziose. Sul lavoro degli scrittori che ammira. Sul processo creativo e sullo stato della cultura americana. Proprio la sua condizione di ebreo impegnato nella società ne ha fatto una delle voci critiche più autorevoli nei confronti del degrado della politica americana e del mondo occidentale e dell’inquietante sopravvento della demenza digitale. Una delle voci morali più alte non solo per l’autorevolezza della voce che è capace di elevare, ma anche per la sua capacità di parlare a tutti della situazione in cui si trova l’America di oggi sempre par- tendo dal terreno dell’esperienza letteraria. Fra i tanti scritti che costituiscono una guida straordinaria all’opera di Roth anche il saggio “My Uchronia”, utile a comprendere la Genesi del fondamentale “Complotto contro l’America”, il libro di riferimento per tutti coloro che guardano con preoccupazione alle sorti della democrazia americana e della democrazia occidentale più in generale.
Guido Vitale