“Pace e rapporti con la Diaspora, il futuro d’Israele è in pericolo”
“Le ferite autoinflitte di Israele”. Ha scelto le colonne del New York Times, giornale simbolo del mondo liberal americano, il presidente del World Jewish Congress Ronald Lauder, notoriamente un conservatore, per dare un segnale a Israele. Sull’autorevole quotidiano, Lauder ha infatti analizzato due delle criticità che secondo lui mettono in pericolo il futuro dello Stato ebraico (secondo Lauder, “lo Stato ebraico democratico si trova di fronte a due gravi minacce che, a mio avviso, potrebbero mettere a repentaglio la sua stessa esistenza”): in primis, per il presidente del Congresso ebraico mondiale il governo di Gerusalemme deve riprendere in mano la soluzione dei Due Stati per due popoli. “Sono conservatore e repubblicano e sostengo il partito Likud dagli anni ’80 in poi. Ma la realtà è che 13 milioni di persone vivono tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. E quasi la metà di loro sono palestinesi. Se le tendenze attuali continueranno, Israele dovrà affrontare una scelta difficile: concedere ai palestinesi pieni diritti e cessare di essere uno Stato ebraico o revocare i loro diritti e cessare di essere una democrazia. Per evitare questi risultati inaccettabili, l’unica strada da percorrere è quella dei due Stati”. Il secondo punto toccato da Lauder, amico personale del Presidente Usa Donald Trump, è invece legato al rapporto tra Israele e la Diaspora. “La seconda duplice minaccia – si legge nell’editoriale pubblicato dal Times – è la capitolazione di Israele nei confronti degli estremisti religiosi e la crescente disaffezione della diaspora ebraica. La maggior parte degli ebrei al di fuori di Israele non sono accettati dagli ultra-ortodossi israeliani, che controllano la vita rituale e i luoghi santi nello Stato. Sette degli otto milioni di ebrei che vivono in America, Europa, Sudamerica, Africa e Australia sono modern-orthodox, conservative, reform (tre diverse correnti interne all’ebraismo) o laici. Molti di loro hanno avuto l’impressione, soprattutto negli ultimi anni, che la nazione che hanno sostenuto politicamente, finanziariamente e spiritualmente stia voltando loro le spalle”.
Nel suo editoriale, Lauder sottolinea di aver visitato comunità ebraiche in oltre 40 paesi. I vari rappresentanti gli hanno espresso “preoccupazione e ansia per il futuro di Israele e per il suo rapporto con gli ebrei della diaspora”. “Sottoponendosi alle pressioni esercitate da una minoranza in Israele, lo Stato ebraico sta allontanando un ampio segmento del popolo ebraico. – scrive il presidente del World Jewish Congress – La crisi è particolarmente pronunciata tra le giovani generazioni, che sono prevalentemente laiche. Un numero crescente di millennials ebrei, in particolare negli Stati Uniti, si sta allontanando da Israele perché le sue politiche contraddicono i loro valori. I risultati non sorprendono: assimilazione, alienazione e una grave erosione del legame tra comunità ebraica globale e la patria ebraica”.
“Molti ebrei non ortodossi, me compreso, ritengono che la diffusione della religiosità forzata nello Stato in Israele stia trasformando una nazione moderna e liberale in una nazione semietocratica. La stragrande maggioranza degli ebrei di tutto il mondo non accetta l’esclusione delle donne da certe pratiche religiose, le severe leggi di conversione o il divieto di preghiera egualitaria al Muro Occidentale. Sono sconcertati dall’impressione che Israele stia abbandonando la visione umanistica di Theodor Herzl per assumere un carattere che non si addice ai suoi valori fondamentali o allo spirito del XXI secolo”, il severo giudizio di Lauder.
d.r.