Proteste in Cisgiordania e a Gaza un nuovo giorno di tensione
Centinaia di palestinesi hanno lanciato pietre e dato fuoco a gomme di auto in diversi punti della Cisgiordania, tra cui Hebron, vicino alla tomba di Rachele a Betlemme, fuori Ramallah, al checkpoint di Qalandiya e nella zona di Nablus. Al confine con Gaza, diverse centinaia di palestinesi si sono riuniti vicino alla recinzione in diversi punti, per manifestare. È il quadro che emerge in queste ore nel giorno che i palestinesi definiscono la Nakba, la catastrofe. Dopo la dura giornata di ieri in cui oltre 50 palestinesi sono morti negli scontri con l’esercito israeliano sul confine tra Gaza e Israele, nella Striscia la situazione sembra essere meno incendiaria: i media israeliani parlano dei funerali che si stanno tenendo al di là del confine e del tentativo del gruppo terroristico di Hamas di mantenere l’ordine. “Dopo un giorno di sconvolgenti perdite a Gaza, c’è stato un punto in cui il gruppo terroristico ha quasi perso il controllo, e ora è impegnato in una correzione di rotta”, scrive l’analista militare Avi Issacharoff. “Lunedì è stato senza dubbio uno dei giorni più sconcertanti nella storia del conflitto israelo-palestinese: – spiega Issacharoff, collaboratore del sito Walla e del Times of Israel – Mentre la leadership israeliana, affiancata da funzionari statunitensi, festeggiava il trasferimento dell’ambasciata statunitense a Gerusalemme e decine di migliaia di israeliani accoglievano la vincitrice dell’Eurovisione Netta Barzilai nelle celebrazioni di Tel Aviv, la Striscia di Gaza ha sofferto uno dei suoi giorni più dolorosi”. “Alla fine di questa giornata di giubilo, da un lato, e di dolore, dall’altro, – la valutazione dell’analista militare israeliano – sembra che la frattura tra i due popoli si sia solo ampliata e che l’odio sia cresciuto”. Ma Issacharoff, come altri giornalisti, hanno anche raccontato che Hamas a un certo punto (quando le vittime erano già oltre 50) ha ordinato a molti manifestanti di interrompere le proteste e tornare alle proprie case: “Questa risposta a Gaza al peggior singolo giorno per spargimento di sangue dalla guerra del 2014 nel territorio dimostra che, nonostante il pesante tributo di sangue, Hamas non ha fretta di aggravare la situazione”, scrive Issacharoff. Amos Harel di Haaretz spiega che “secondo le valutazioni dei servizi segreti israeliani, Hamas non si sta dirigendo verso una guerra. L’ipotesi più ragionevole è che la sua leadership stia cercando di raggiungere due obiettivi attraverso la violenta ondata di manifestazioni: ripristinare la narrazione della resistenza popolare palestinese contro Israele e costringere Israele, con la violenza e le uccisioni presso la barriera, ad accettare di allentare le restrizioni economiche e alla libertà di circolazione a Gaza, il che potrebbe in definitiva contribuire ad arrestare il deterioramento delle condizioni di vita nel paese”.
“Hamas sta lottando per continuare ad amministrare la Striscia nelle attuali circostanze, alla luce del suo isolamento diplomatico e del declino dell’assistenza finanziaria da parte dell’Autorità palestinese e degli Stati del Golfo”, continua Harel. La sanguinosa giornata di ieri sarebbe quindi uno strumento utilizzato cinicamente da Hamas per mantenere il controllo sulla Striscia.