Il movimento terroristico ammette: “Quasi tutte le vittime degli scontri erano agenti di Hamas”
Cinquanta dei sessantadue palestinesi che sono morti negli scontri con Israele sul confine con Gaza appartenevano al movimento terroristico di Hamas. A confermarlo un rappresentante dello stesso gruppo che controlla l’enclave palestinese: “Prendete la sua parola per buona. Non è stata una protesta pacifica”, il commento del portavoce dell’esercito israeliano Jonathan Conricus. Secondo Conricus e i vertici dell’esercito, le proteste delle scorse settimane così come quella più sanguinosa di lunedì erano state orchestrate da Hamas per creare disordine e minacciare i civili israeliani. Prima di questa manifestazione, avvenuta mentre a Gerusalemme veniva inaugurata l’ambasciata Usa, l’esercito israeliano aveva avvisato che Hamas intendeva “compiere un massacro in Israele”, cercando di usare le proteste di massa per aprirsi un varco nella barriera di sicurezza e infiltrarsi oltre confine. Nelle scorse ore inoltre l’esercito ha fatto sapere che il movimento terroristico ha rifiutato di accettare due spedizioni di forniture mediche per gli ospedali di Gaza, che sono in grave difficoltà, dopo aver visto che erano state inviate da Israele attraverso il valico di Kerem Shalom. “I funzionari di Hamas hanno controllato i camion, hanno visto che c’erano adesivi di Tsahal sui farmaci e hanno detto che non erano pronti ad accettare i farmaci con quelle etichette”, ha dichiarato un portavoce militare israeliano.
I leader di Hamas sono “un gruppo di cannibali che trattano i propri figli come munizioni”, ha dichiarato il ministro della Difesa Avigdor Lieberman mentre visitava la zona di confine a Gaza. “Il loro obiettivo è quello di togliere il blocco su Gaza, ma non quello di costruire un’economia o di parlare di coesistenza”, ha detto Lieberman. “Hanno bisogno di sollevare il blocco per poter contrabbandare armi, continuare a costruire il [loro] potere”, eppure non sono disposti a riconoscere Israele, ha aggiunto il ministro israeliano, che ha anche fatto riferimento alle critiche sulla condotta dell’esercito nei confronti dei palestinesi. “Suggerisco a tutti di pensare a cosa sarebbe successo se quella gentaglia fosse riuscita a violare la sovranità e a irrompere in una delle comunità”.
A riguardo intanto continua il dibattito internazionale anche a livello di opinione pubblica. In Italia per esempio è stato diffuso un appello firmato da diversi intellettuali, che sostiene la necessità di sicurezza per Israele ma parla di “uso sproporzionato della forza” e chiede “soprattutto, che tacciano le armi e si cerchino ora e per il futuro, da parte di tutti, le vie politiche del dialogo, della conoscenza reciproca e della pace in tutta la regione”.