Moshe Arens (1925-2019)
Uomo chiave del Likud, mentore di Benjamin Netanyahu, tre volte ministro della Difesa, una ministro degli Esteri nonché lucida voce di destra sulle colonne del quotidiano progressista Haaretz. Moshe Arens, morto nelle scorse ore all’età di 93 anni, è stato una delle figure di spicco della destra israeliana e ha lasciato un’impronta importante nella storia del paese. Ingegnere di formazione, Arens era nato a Kaunas, in Lituania, nel 1925 ma era cresciuto negli Stati Uniti, dopo che nel 1939 la famiglia aveva deciso di trasferirsi. Da ragazzo, diventa uno dei leader del movimento giovanile Betar, legato al Partito revisionista sionista di Vladimir Jabotinsky. Dopo aver combattuto tra le fila dell’esercito americano durante la Seconda guerra mondiale e laureatosi all’MIT di Boston, sceglie Israele e diventa membro del gruppo paramilitare di destra Irgun, che lo invia in Nord Africa per aiutare ad organizzare le comunità ebraiche locali che cercano di immigrare in Israele. Tornato in Israele nel 1949, diventa ben presto un membro chiave del nascente partito Herut, il progenitore dell’odierno Likud. “Non c’era patriota più grande di lui”, il saluto del Primo ministro Benjamin Netanyahu, la cui carriera politica iniziò proprio grazie ad Arens. “Il grande contributo di Moshe Arens al nostro popolo e al nostro paese sarà ricordato per sempre”. “Misha è stato uno degli migliori ministri della Difesa dello Stato di Israele. Non un comandante o un generale, semplicemente uno studioso devoto che lavorava giorno e notte per la sicurezza dello Stato di Israele e dei suoi cittadini – il ricordo del Presidente Reuven Rivlin – Misha ha ricoperto per tutta la vita varie posizioni chiave per la creazione e lo sviluppo dello Stato di Israele. Come membro dell’Irgun, come scienziato e ingegnere, come statista, ambasciatore e direttore delle più importanti industrie per la sicurezza di Israele”.
Come ricordano i quotidiani, Arens è stato “un campione dell’autosufficienza israeliana”, promuovendo il programma aerospaziale israeliano ed diventando il padre di uno dei progetti più ambiziosi del paese – costruire un aereo da combattimento all’avanguardia made in Israel, il Lavi.
Entra per la prima volta nella Knesset candidandosi nelle fila del Herut, il partito progenitore del Likud, nel 1973, e servendo per i successivi 19 anni fino al suo primo ritiro dalla politica nel 1992. Torna a sedersi negli scranni della Knesset tra il 1999 e il 2003. Sul finire degli anni ’70 rifiuta la proposta di Begin di diventare ministro della Difesa: Arens era contrario al trattato di pace con l’Egitto, siglato nel 1979 da Begin e Sadat (un accordo che valse ai due il Premio Nobel per la pace), ed era tra coloro che votarono alla Knesset per affossare l’intesa. “Gli egiziani ci hanno attaccato quattro volte, nella guerra d’indipendenza, nella campagna del Sinai [1956], nella guerra dei sei giorni e nella guerra dello Yom Kippur. Sono stati sconfitti quattro volte. Non troverete nessun altro esempio nella storia di un aggressore che si riprende tutto ciò che ha perso in guerra. Non è né logico né ragionevole”, disse allora, dichiarando che il primo ministro Begin avrebbe potuto ottenere condizioni migliori e non avrebbe dovuto cedere il Sinai. Rifiutata la posizione di ministro della Difesa, viene nominato ambasciatore di Israele negli Stati Uniti nel 1982 e con sé porta un giovane Benjamin Netanyahu, per poi sostenere la sua candidatura ad ambasciatore d’Israele all’Onu. Un anno dopo torna in Israele per assumere l’incarico precedentemente rifiutato: guida la Difesa al posto di Ariel Sharon, rimosso dalla posizione a causa della gestione della guerra in Libano. Nel 1988 diventa ministro degli Esteri e sceglie come suo vice Netanyahu, lanciandone definitivamente la carriera.
Rispetto alla questione palestinese, Arens si era sempre opposto alla soluzione dei due Stati per due popoli, suggerendo invece di dare ai palestinesi la cittadinanza israeliana come parte di uno Stato binazionale. Lasciata la politica, ha fatto sentire la sua voce sulle colonne del progressista Haaretz, ovviamente scrivendo da un punto di vista opposto. Da qui non ha lesinato critiche al suo discepolo politico: nel 2016 boccia la decisione di Netanyahu di nominare Avigdor Lieberman ministro della Difesa, descrivendo la scelta come il risultato di un accordo politico “oscuro”. Duro anche rispetto all’approvazione della controversa legge dello Stato nazionale che definisce “inutile”, “dannosa per Israele” e come un insulto gratuito ai cittadini arabi del paese poiché, aveva dichiarato, l’ebraicità di Israele non è in discussione.
Nella sua autobiografia “In difesa di Israele”, scrive: “Guardo con stupore ai sessantanove anni di storia di Israele. In pochi decenni si è sviluppato un Paese in grado di difendersi con un’economia dinamica che cresce rapidamente, e allo stesso tempo di compiere la sua missione dichiarata e di assorbire milioni di ebrei bisognosi di un rifugio”.