Likud, è tempo di primarie
Ventiquattro ore per sapere quale volto avrà il partito guidato dal Premier Benjamin Netanyahu alle prossime elezioni del 9 aprile. In queste ore infatti gli elettori del Likud stanno partecipando alle primarie del partito per definire la graduatoria dei futuri candidati. Tra i 142 nomi (28 tra ministri in carica ed ex membri della Knesset) ci sono anche figure di spicco all’interno della destra israeliana, tra cui l’ex sindaco di Gerusalemme Nir Barkat, l’attuale ministro dell’immigrazione Yoav Gallant, transfugo del partito di centro ‘Kulanu’, l’ex ministro Gideon Saar, che Netanyahu – che ha di diritto il primo spot nella lista dei candidati – considera un pericoloso avversario interno. Le preferenze per ogni elettore sono 12 e i risultati si sapranno con certezza domani, dopo lo spoglio della notte. Queste primarie, come rilevano i quotidiani israeliani, rappresentano una sorta di barometro politico in grado di determinare gli equilibri della formazione di Netanyahu.
Con i candidati che superano di gran lunga i posti nella lista – considerando che attualmente il Likud detiene 30 seggi e che si prevede che mantenga questo numero -, i quotidiani raccontano che i membri di spicco del partito spesso istruiscono i propri sostenitori a votare altri candidati in cambio di un reciproco sostegno. Secondo il quotidiano Israel Hayom, anche il Primo ministro ha stilato un elenco delle proprie preferenze e, attraverso accordi dietro le quinte, sta cercando di garantire che i suoi prescelti trovino un posto in cima alla lista. “L’elenco delle preferenze riportate è sorprendentemente guidato dall’esordiente Amir Ohana (nell’immagine), – scrive il Times Of Israel – il primo membro della Knesset apertamente gay del Likud e uno dei principali parlamentari che ha lavorato alla controversa Legge sullo Stato nazionale”. Una norma che, secondo un recente sondaggio, più della metà dei cittadini ebrei d’Israele considera da modificare. Più della metà degli intervistati (52,7 per cento) ha detto che, oltre a riconoscere Israele come Stato ebraico, la legislazione dovrebbe affermare che è “una democrazia con uguali diritti per tutti i cittadini”. Circa un quinto dell’opinione pubblica (22,4%) è contrario all’aggiunta di questa frase, mentre il 25% non ha una posizione chiara sulla questione. Chi ha difeso la norma è la seconda preferenza di Netanyahu, il ministro della Cultura Miri Regev, fedelissima del Premier che nel suo ruolo ministeriale ha dichiarato di voler demolire “il monopolio della sinistra nelle istituzioni culturali di Israele”.
La top five di Netanyahu si completa con i ministri Yariv Levin (Turismo), Yisrael Katz (Trasporti) e Yuval Steinitz (Energia). Seguono Ofir Akunis (Scienza), Tzipi Hotovely (viceministro agli esteri), David Bitan e David Amsalem, rispettivamente precedente e attuale capo della coalizione. Secondo Aviv Bushinsky, in passato consigliere strategico di Netanyahu, a quest’ultimo non fa differenza il risultato delle primarie. “L’unica cosa che importa è la rappresentazione dei vari settori, che includerà donne, Mizrahi e rappresentanti della comunità LGBT. Oltre a ciò, al pubblico e a Netanyahu non importa chi viene prima o dopo. In passato, non ha scelto i ministri secondo la posizione nelle primarie, ma secondo la sua volontà”, le parole di Bushinsky ad Israel Hayom, giornale vicino al Premier israeliano. Di diverso avviso il giornalista di Haaretz Anshel Pfeffer, che racconta di una polemica tutta interna al Likud. “Nel primo episodio del suo nuovo canale Facebook, Likud TV, nella notte di domenica, Benjamin Netanyahu ha fatto un’accusa sorprendente che aveva fatto solo in privato. Ha sostenuto di aver sentito da altri membri del partito che l’ex ministro e importante candidato alle primarie del Likud, Gideon Sa’ar, stava dicendo alla gente che dopo l’elezione il presidente Reuven Rivlin avrebbe chiesto a lui, e non a Netanyahu, di formare il prossimo governo. Non solo uno scenario del genere è stato negato con veemenza sia da Rivlin che da Sa’ar, ma anche di fronte a tutti i precedenti politici probabilmente sarebbe incostituzionale. – scrive Pfeffer – Netanyahu ha scelto di riciclare pubblicamente la sua teoria del complotto contro Sa’ar e Rivlin alla vigilia delle primarie per una ragione. Crede che il ritorno di Sa’ar in prima linea sia la prima tappa di un ‘golpe’ interno contro di lui”. Sa’ar oltre a smentire le accuse del Premier ha invitato gli elettori del Likud a guardare oltre: “io sono interessato a tutto ciò che accadrà a partire da domani, e domani mattina mi unirò al Likud per la vittoria del partito alle elezioni”.