Polonia-Israele, la storia divide
Due le notizie di cui si discute in queste ore in Israele. Da una parte, l’annuncio dell’addio all’arena politica di Tzipi Livni, per 20 anni membro della Knesset e già ministro della Giustizia e degli Esteri. Dall’altra, un altro annuncio ma di tenore di verso: la cancellazione del vertice dei paesi del gruppo di Visegrad, previsto a Gerusalemme, dopo lo scontro diplomatico tra Polonia e Israele nato dalle dichiarazioni del ministro degli Esteri Yisrael Katz. Il primo ministro polacco ha infatti annullato la partecipazione di Varsavia al summit, bollando come “razzista” il commento di Katz – nominato pochissime ore prima alla guida della diplomazia israeliana – che in un’intervista ha detto che i polacchi “succhiano l’antisemitismo dal latte materno”. Una citazione, quella di Katz, dell’ex Primo ministro israeliano Yitzhak Shamir. “Le parole del ministro degli esteri israeliano sono razziste e inaccettabili… è chiaro che il nostro ministro degli esteri (Jacek) Czaputowicz non si recherà al vertice”, la reazione del Primo ministro polacco Mateusz Morawiecki. Katz aveva ricordato di essere “figlio dei sopravvissuti alla Shoah, non perdoneremo mai e non dimenticheremo mai”. “In diplomazia – le sue parole – si cerca di non offendere, ma nessuno cambierà la verità storica per fare una cosa del genere. I polacchi hanno collaborato con i nazisti, decisamente. Come ha detto [l’ex primo ministro] Yitzhak Shamir hanno succhiato l’antisemitismo con il latte materno”. Come reazione, la Polonia ha convocato l’ambasciatrice israeliana Anna Azari per un rimprovero formale – il secondo in pochi giorni – e dichiarato che avrebbe valutato la possibilità di richiamare il proprio ambasciatore. Intanto sicura è la sua assenza dall’oramai cancellato vertice di Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca). Con i primi ministri ungherese Vicktor Orban e lo slovacco Peter Pellegrini già presenti in Israele, si terranno invece incontri bilaterali, secondo gli annunci del primo ministro ceco Andrei Babis e del portavoce del ministero degli Esteri israeliano Emmanuel Nahshon.