Israele, le voci alle urne
Dalle 7 alle 22 gli israeliani potranno recarsi nel proprio seggio e votare uno dei 40 partiti candidatisi a queste elezioni della Knesset. La grande sfida è tra il Primo ministro Benjamin Netanyahu, leader del Likud, e il suo avversario Benny Gantz, alla guida di Kachol Lavan ma anche il risultato dei partiti più piccoli (12 in totale quelli hanno un possibilità di superare la soglia di sbarramento del 3,25%) sarà determinante. Intanto il primo dato certo a metà giornata è quello sull’affluenza, leggermente in calo rispetto al 2015: 35,8% contro il 36,6 % (dati registrati alle 14.00 ora israeliana). Ma mancano diverse ore e il trend potrebbe ancora cambiare: in ogni caso per avere chiaro il risultato del voto bisognerà aspettare domani. In un’elezione così combattuta gli exit poll che appariranno in serata sono da prendere con la dovuta cautela.
“Il voto è un atto sacro, l’essenza stessa della democrazia”, ha detto il premier Netanyahu votando al suo seggio inseme alla moglie Sara. Appena fuori, il leader del Likud ha postato un video sui social network, ribadendo il mantra di questa sua campagna elettorale: “votate Likud perché solo così fermeremo l’istituzione di un governo di sinistra guidato da Gantz e Lapid e sostenuto dai partiti arabi”. Seppur Gantz abbia sempre negato di essere di sinistra e di voler fare alleanze con i partiti arabi israeliani, la base del Likud ha rilanciato le parole del suo leader. Lo fa ad esempio Yair, giovane elettore di Ramat Gan (alle porte di Tel Aviv). “Ho votato Netanyahu perché in oltre dieci anni di governo ha reso Israele un’economia forte e ci ha garantito maggiore sicurezza di chiunque altro. Cambiare sarebbe da folli. In più, Gantz e Lapid non valgono la metà di Bibi”. Dietro di lui, Ida, 93 anni, arrivata da sola al seggio. “Come fai a votare uno così? Non è un primo ministro, è un sovrano, un egoista e un ladro che farebbe di tutto per salvarsi la pelle. Forse all’inizio andava bene ma ora non fa il bene del Paese, ma quello delle sue tasche”. Lei vota Kachol Lavan. Intanto attorno si accende il dibattito su chi sia meglio, Bibi o Benny. Un dibattito che è un po’ il riassunto di questa campagna elettorale, trasformata in un referendum sul Premier Netanyahu e priva di veri contenuti. “Non andrò a votare. Non vedo la differenza”, afferma Ari seduto su una panchina a poca distanza dal seggio. “Avrei votato Kachol Lavan ma non mi è piaciuta l’ambiguità di Gantz sul sostegno degli elettori arabi. Invece che evitare di rispondere, avrebbe dovuto ricordare che gli arabi israeliani sono cittadini come tutti gli altri. Non mi piace questo continuo tentativo di dividerci: ora sono gli arabi e quelli di sinistra e poi? Ah, lo scriva, non sono di sinistra io”.
Daniel Reichel