Beit Italia, 60 anni d’impegno sociale
A guardarlo con occhi di semplice visitatore, il Beit Italia appare come un complesso di piccoli edifici che potrebbe formare una scuola, tenuta in ordine con continui rinnovamenti e miglioramenti strutturali. C’è il cortile al centro, si indovinano le aule guardando le finestre, e c’è una cancellata che rende lo spazio delimitato e sicuro. Il Beit Italia compie 60 anni, ne dimostra molti meno o molti di più a seconda di come lo si guarda, e l’anniversario si celebra giustamente con una mostra inaugurata ieri alla presenza dell’Ambasciatore d’Italia in Israele Gianluigi Benedetti aperta fino al 1 giugno, curata da Giordana Tagliacozzo Treves e Yael Sonnino Levy.
Nel 1957 Silvana Castelnuovo, immigrata dall’Italia che viveva a Yafo cercò e trovò un luogo per far fare attività ai bambini nelle ore dopo la scuola mentre i genitori lavoravano fino a tardi; allora si trattava di una piccola casa araba con un po’ di terra intorno, che con l’aiuto della Adei-Wizo e del Comune di Tel Aviv fu comperata ed adibita appunto a dopo scuola. Da allora ad oggi, la casetta originale è sparita, e sono stati costruiti prima l’edificio principale a fine anni ‘60 e poi la cosiddetta Ala Giulia, e la costruzione che in origine era il pollaio è passata ad essere nientemeno che una galleria d’arte per giovani artisti.
La storia del Beit Italia è piena di questi cambiamenti di forma, ma ha mantenuto la missione che si era posta all’inizio del progetto, adattandosi ai tempi e alle necessità dei bambini e dei giovani di questa zona popolare di Yafo, fra Tel Aviv e Hulon, non troppo lontana dal mare ma decisamente immersa nell’entroterra. Come sono cambiati nei decenni i frequentatori della casa, riflesso naturale delle varie immigrazioni arrivate in Israele, sono cambiati anche i contenuti proposti. Se negli anni Sessanta i ragazzi frequentavano qui corsi di aereomodellismo nel rifugio antiaereo, oggi salgono al primo piano della palazzina accanto e fanno i compiti al computer nella sala costruita dalla famiglia in ricordo di Carla Bentovim. E tutto il complesso è una mappa di memoria viva dell’attivismo delle signore della Adei-Wizo, che fino a dieci anni fa sosteneva finanziariamente il Beit Italia, prima di decidere di spostare i finanziamenti verso altri progetti. Il rifugio sotterraneo è stato trasformato dalla famiglia in un centro di ricreazione e dedicato a Adelina Della Pergola. Il campo di pallacanestro, il primo regolamentare e coperto costruito in Israele a fine anni Sessanta, è dedicato ai fratelli Treves, caduti nella guerra di Indipendenza del ‘48. La galleria Cases-Hirsch, dove è ospitata adesso la mostra dei 60 anni di attività, garantisce tutto l’anno uno spazio espositivo dedicato ai giovani fino ai 20 anni.
E sarebbe un errore pensare che il Beit Italia guarda solo al passato. Negli ultimi anni ha aperto una scuola di musica, fiore all’occhiello in fatto di integrazione, dove ragazzi di origine etiope e arabo-israeliani studiano insieme con successo; e in ambito sportivo, è stata attrezzata una sala per le arti marziali. Negli ultimi anni sta cambiando anche la leadership: due colonne portanti come Serena Temin Liuzzi e Claudia Sonnino Amati stanno gradualmente lasciando spazio alla nuova generazione, in particolare a Giordana Tagliacozzo Treves e Yael Sonnino Levy, che non a caso hanno preso l’impegno di curare la mostra. E per costruire un ponte solido fra passato e futuro, l’Ambasciatore, in un breve colloquio con Serena Temin Liuzzi alla fine della cerimonia di inaugurazione, ha raccomandato di istituire un club degli ex-alunni, per rientrare in contatto con studenti che crescendo possono essere oggi persone di successo e possono contribuire a tenere alto il nome del Beit Italia. Dove ci sono eccellenze italiane, l’Ambasciata fa sentire il suo sostegno, che negli anni anche qui è sempre stato forte.
Daniela Fubini
(Nell’immagine in alto, l’ambasciatore d’Italia in Israele Gianluigi Benedetti assieme a – da sinistra – Yael Sonnino Levy, Serena Temin Liuzzi, Claudia Sonnino Amati e Giordana Tagliacozzo Treves. In basso, concerto di Keren Kasy e Avigail Gebeyho, studentesse della scuola di musica del Beit Italia durante la cerimonia di inaugurazione della mostra)