Israele e Siria, tensione al confine
Mentre l’instabilità politica continua a lasciare il segno su Gerusalemme, l’attenzione del Paese è a nord: la minaccia siriana è tornata di attualità. Nelle scorse ore Israele ha colpito nuovamente oltreconfine, mirando questa volta alla base area T-4, nei pressi di Homs, nella Siria settentrionale. Obiettivo dell’ultimo attacco, l’Iran. La base è infatti considerato il cuore operativo delle Guardie della rivoluzione iraniana nel territorio del dittatore Bashar Al Assad. E Israele, dopo la provocazione siriana con il lancio di due razzi sulle alture del Golan, ha voluto mandare un messaggio: nessuna minaccia rimarrà impunita. “Questi incidenti – scrive l’analista militare di Haaretz Amos Harel – dimostrano che, sebbene Assad abbia ripreso il controllo del territorio, la zona di confine non è completamente stabile. La leadership israeliana continua a dire di non poter accettare l’insediamento militare iraniano in Siria e, di tanto in tanto, sostiene le parole con i fatti. Tuttavia, l’attrito tra i due eserciti è meno intenso di un anno fa, in parte perché l’Iran è più cauto di prima. Ma la tensione di fondo rimane”. E in questo quadro non aiuta la situazione politica interna, con gli elettori israeliani chiamati nuovamente alle urne. Il presidente Usa Donald Trump, arrivato in Gran Bretagna, ha detto di “non essere contento”: “Israele è tutta incasinata con le sue elezione – voglio dire, che è venuto fuori dal nulla tre giorni fa. Quindi è tutto un casino. Dovrebbero rimettersi in sesto” ha detto Trump. “Voglio dire, Bibi [Netanyahu] è stato eletto, ora all’improvviso dovranno affrontare di nuovo tutto il processo (elettorale) fino a settembre. È ridicolo. Quindi non ne siamo contenti”. Nel frattempo, Trump ha rilanciato le preoccupazioni del Segretario di Stato Usa Mike Pompeo, secondo cui – stando a un report del Washington Post – il prossimo piano di pace in Medio Oriente dell’amministrazione potrebbe non andare da nessuna parte. “Stiamo facendo del nostro meglio per aiutare il Medio Oriente ad ottenere un piano di pace”, ha detto Trump ai giornalisti quando gli è stato chiesto delle parole di Pompeo. “Capisco perché (Pompeo) ha detto questo. La maggior parte delle persone direbbe che non si può fare. Penso invece che si possa fare”. I funzionari statunitensi sono rimasti vaghi sui tempi di pubblicazione della proposta di pace, che vorrebbe risolvere alcune spinose questioni politiche al centro del conflitto israelo-palestinese. Le elezioni israeliane di settembre ritarderanno con ogni probabilità il piano.
Rispetto alla sicurezza interna, dopo gli scontri tra fedeli musulmani e polizia al Monte del Tempio, il ministro per la Pubblica Sicurezza Gilad Erdan è intervenuto per difendere la sua scelta di consentire ad alcuni visitatori ebrei di accedere al sito (anche noto come Spianata delle moschee). “La mia politica fin dal mio primo giorno di mandato è stata quella di fare di tutto affinché il Monte del Tempio sia aperto a chiunque voglia visitarlo” ha detto Erdan ai giornalisti prima della riunione settimanale del governo. Gli scontri sono avvenuti mentre si celebrava Yom Yerushalaim, il giorno dedicato alla riunificazione di Gerusalemme nel 1967. Occasione che il Presidente Reuven Rivlin ha usato per esortare le autorità israeliane ad accelerare lo sviluppo dei quartieri a maggioranza araba di Gerusalemme Est come adempimento dell’ethos della capitale riunificata, aggiungendo che “la prosperità” non dovrebbe essere goduta solo a Gerusalemme Ovest ebraica.
“Gerusalemme fiorisce come mai prima d’ora: haredim accanto a laici, nuovi immigrati accanto a veterani, anziani che abitano nelle sue strade. Gli imprenditori raccolgono complimenti, e i turisti non perdono una visita qui – ha detto Rivlin – Ma guai a noi se la crescita e la prosperità di Gerusalemme si fermeranno nel luogo dove una volta era attraversato il confine. Guai a noi se la crescita e l’innovazione non toccheranno la parte orientale della città e i suoi abitanti arabi”. Secondo Rivlin governo e comune hanno apportato qualche cambiamento per colmare le lacune tra le due parti della città. “Ma c’è ancora molta strada da fare. E dobbiamo essere sicuri di passare dalle parole e dai piani all’azione. Marciapiedi, lampioni, asili, parchi e scuole”.
d.r.